Regione, Minasi e Albano: “percorso unitario per una legge contro la violenza sulle donne”
Le consigliere regionali Tilde Minasi e Gabriella Albano hanno dato il via ad una serie di “incontri di natura tecnico – istituzionale” che dovrebbero costituire un “percorso condiviso e unitario” per la realizzazione di una legge contro la violenza di genere nella Regione Calabria.
A tal proposito vorrei ricordare che la Regione Calabria possiede già da anni uno strumento legislativo importante che la pone all’avanguardia rispetto ad altre regioni italiane: la Legge regionale 21 agosto 2007, n. 20 (Disposizioni per la promozione ed il sostegno dei centri di antiviolenza e delle case di accoglienza per donne in difficoltà).
La legge, proposta dall’allora Consigliere Regionale Liliana Frasco’, è strutturata in 19 articoli, ed il suo indirizzo è proprio quello di ''rafforzare - attraverso il sostegno e la promozione di questi centri - il sistema di tutela e di protezione delle donne vittime di violenza''; essa si basa sul presupposto che il successo di ogni iniziativa atta a contrastare il fenomeno della violenza, di qualsiasi tipo (sessuale, psicologica, fisica ed economica) e grado (maltrattamenti, molestie ricatti a sfondo sessuale), dipenda, in larga parte, anche dalle risorse, e dalle misure di sostegno, messe a disposizione.
Inoltre, l’ottica di questo strumento legislativo è quella di garantire a tutte le donne vittime di violenza, indipendentemente dal loro status giuridico o di cittadinanza, non solo l'opportunita' di accedere ai Centri Antiviolenza, alle case di accoglienza, e a percorsi terapeutici ma di offrire anche la possibilita' di avere accesso a percorsi di qualificazione professionale ed inserimento lavorativo (borse lavoro e corsi professionali), nonche' di fruire di opportune misure alloggiative laddove vi sia l'allontanamento dalla casa in cui abitano'.
L'accesso ai servizi previsti avviene, secondo questa legge, tramite i centri antiviolenza e, tra l’altro, ai Comuni che intendono ristrutturare beni immobili confiscati alla criminalita' organizzata da destinare alla realizzazione di Centri antiviolenza e case di accoglienza sono concessi specifici contributi.
Purtroppo, la cronaca dei nostri giorni riporta sulle prime pagine dei giornali episodi (uno eclatante accaduto nella nostra Regione) di donne uccise, maltrattate, violate, vittime di soprusi e prevaricazioni: violenza 'gratuita' e senza un movente, frutto di spinte emotive irrazionali ai danni dei soggetti piu' deboli e indifesi della societa', donne, anziani e bambini.
Tutto questo impone a tutte le donne libere e pensanti di agire per il meglio e di agire subito: a questo punto mi domando “perché perdere del tempo inutilmente per confrontarsi su un qualcosa che già esiste e consiste in un ottimo dispositivo legislativo?”.
Secondo me la portata legislativa della legge n.20/2007 si potrebbe anche ampliare inserendo un emendamento che preveda la costituzione di parte civile della Regione Calabria in tutti i processi celebrati nel suo territorio nei quali sono contestati reati che presuppongono l'esercizio di condotte violente, anche di carattere morale, ai danni delle donne e dei minori.
Una mozione in questo senso è stata già recepita dal Consiglio Regionale calabrese che, accogliendo in toto la prima proposta presentata dal momento del suo insediamento dalla Commissione Regionale Pari Opportunità, presieduta da Giovanna Cusumano, ha provveduto a modificare in tal senso lo statuto della Regione Calabria.
Altro strumento necessario ritengo sia la Costituzione di un Osservatorio sulla violenza, che permetta di conoscere in modo completo la realtà economica, sociale e culturale della nostra Regione.
La Regione Calabria nonostante i numeri sulla violenza di genere, nonostante l’esistenza della legge 20, nonostante le forti pressioni da parte delle donne libere e pensanti, fin dal 2010 ha interrotto il finanziamento alla predetta legge contravvenendo a quanto previsto dagli artt. 3 - 4 e 5 e commettendo una grave omissione istituzionale. Soltanto due anni fa si è decisa a finanziare unicamente i Centri di ascolto ignorando le necessità delle Case di Accoglienza.