Tropea: testimone di giustizia ritratta le accuse
Testimoni di giustizia che diventano fantasmi di loro stessi ed un peso per lo Stato. Uomini e donne che hanno scelto di far prevalere il senso di giustizia su tutto. Persone che hanno rinunciato alla loro città, alle loro amicizie, alla loro normalità. E ora, come se il prezzo pagato per quella scelta non fosse stato già abbastanza salato, quelle istituzioni alle quali si sono votati gli hanno girato le spalle. E’ quanto denuncia Pietro Di Costa, 45 anni di Tropea, già titolare di un istituto di vigilanza privata, con sede a Tropea ma con operatività provinciale, che stanco di soprusi, vessazioni ed estorsioni ha deciso di denunciare chi, per anni, lo teneva sotto la stretta della criminalità organizzata.
Entrato a far parte del programma di protezione nel 2008, Di Costa e la sua famiglia, hanno dovuto cambiare città, identità, cominciando una nuova vita fatta di anonimato. Ma dopo anni vissuti così, Pietro Di Costa ha deciso di lasciare il programma, di rinunciare alla scorta e di tornare nella sua città d’origine perché è qui che lui vuole vivere e lavorare. Cosa che però non avviene “perché - dice Di Costa - a impedirmelo è lo Stato”.
Un epilogo inglorioso per la giustizia Italiana e per lo stesso testimone di giustizia che stanco di non essere ascoltato e stufo di vedere rigettata ogni sua richiesta dalle istituzioni preposte, ha deciso di ritrattare ogni accusa mandando così in fumo anni d’indagini, con la conseguente caduta di tutte le accuse nei confronti dei capobastone di famiglie notoriamente mafiose che continueranno ad imperversare sul territorio calabrese e non solo.