Catanzaro. 5 arresti della Squadra mobile, ai domiciliari anche un poliziotto
Nelle prime ore di stamani, la Squadra Mobile di Catanzaro, coadiuvata nella fase esecutiva dalla mobile di Vibo Valentia, ha eseguito dei provvedimenti restrittivi emessi dal Gip di Catanzaro, che ha accolto il quadro probatorio ricostruito nella richiesta di misure cautelari avanzate dalla Procura Distrettuale Antimafia, a carico di Paolo Potenzoni, nato a Tropea, 23 anni (agli arresti domiciliari); Michele Purita, nato a Cessaniti, 43 anni (arresti domiciliari); Carmelo Barba, nato a Vibo Valentia, 31 anni (arresti domiciliari); Domenico Lo Bianco, alias “Piccinni”, nato a Vibo Valentia, 51 anni (obbligo di dimora). Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di usura, corruzione in concorso, intestazione fraudolenta di beni e violenza privata aggravata dalla metodologia mafiosa.
E’ stato notificato un provvedimento restrittivo degli arresti domiciliari anche a Stefano Mercadante nato a Vibo Valentia, 49 anni, appartenente alla Polizia di Stato ed in servizio presso la Questura di Vibo Valentia, ritenuto responsabile dei reati di concussione ed, inoltre, di corruzione in concorso con Michele Purita.
Il provvedimento cautelare, affermano gli inquirenti, "avrebbe trovato fondamento nell’attività investigativa della Squadra Mobile di Catanzaro che è stata sviluppata, con l’ausilio di numerose attività intercettive, nonchè a riscontro delle dichiarazioni rese da un testimone di giustizia, e che ha portato ad accertare attività usuraie, subite da quest’ultimo, nell’arco di tempo 2001-2011 e poste in essere dal Popenzoni, come soggetto contiguo alla criminalità organizzata del vibonese, nonché responsabilità a carico di Lo Bianco (quale elemento di spicco dell’omonima famiglia mafiosa, referente della famiglia Mancuso di Limbadi per la città di Vibo Valentia), per intestazione fittizia di beni finalizzata all’elusione dei divieti previsti dall’applicazione nei suoi confronti della Misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S., e di violenza privata, nei confronti del menzionato testimone di giustizia, finalizzata alla stesura di un atto di compravendita di un bene immobile".
Con riferimento alle contestazioni mosse nei confronti del sovrintendente Mercadante le stesse si riferiscono al fatto che, all’epoca apparteneva alla Squadra amministrativa della Divisione Polizia Amministrativa della Questura di Vibo Valentia. Nel provvedimento cautelare vengono contestati i reati di concussione e corruzione, Che sarebbero stati posti in essere in due distinte condotte.
"Nello specifico - asseriscono gli investigatori - riguardo all’ipotesi di concussione nel 2008, Mercadante avrebbe costretto il titolare di un Istituto di Vigilanza, Sud Security, oggi testimone di giustizia, alla remissione di querela nei confronti del responsabile di altro Istituto di Vigilanza, minacciando il primo di relazionare informazioni negative con l’intento di favorire il secondo".
Per quanto concerne il reato di corruzione, secondo le indagini, "il Sovrintendente della Polizia avrebbe nel 2011 percepito da Purita, legale rappresentante di un Istituto di Vigilanza, somme di denaro al fine di garantire a questi l’assenza di controlli all’attività e l’esito favorevole degli accertamenti demandati alla Squadra amministrativa a cui era addetto; reato quest’ultimo per il quale risponde in concorso con lo stesso Purita".
Dopo le formalità di rito gli indagati sono stati accompagnati presso i domicili, dove resteranno a disposizione dell’Autorità giudiziaria.
E' l'imprenditore Pietro Di Costa, di Tropea, nel Vibonese, il testimone di giustizia le cui dichiarazioni sono alla base dell'operazione della Mobile di Catanzaro.