Il vice presidente Durante ricorda monsignor Giuseppe Agostino
“Quando i cristiani si dimenticano della tenerezza e della speranza diventano una chiesa fredda che non sa dove andare e si imbriglia nelle ideologie e nella mondanità. Ho paura quando si perde la capacità di abbracciare e di accarezzare”. Sono parole di Papa Francesco, dette appena qualche mese fa. Ripensando a Mons. Giuseppe Agostino, scomparso da qualche giorni, e leggendo il suo testamento spirituale, ho ritrovato il senso autentico dell’ammonimento del Pontefice". E' quanto scrive il vice presidente della Provincia di Crotone, Pietro Durante.
"Mons. Agostino - continua Durante - non si è mai dimenticato della tenerezza e della speranza, non ha mai perso la capacità di abbracciare e di accarezzare. Da semplice prete e poi da arcivescovo, prima a Crotone, successivamente a Cosenza, forte della sua fede nel Dio della misericordia e dell’ascolto, egli, innamorato della sua terra, piena di solitudine e di sofferenza, di privazioni e di eterni rancori, troppo lontana dalle attenzioni delle istituzioni, dimenticata e trascurata, ha capito quanto bisogno ci fosse, in questo nostro ambiente fatto di rinunce e di sconfitte, di un abbraccio e di una carezza, di misericordia e di ascolto.
Ma ha abbracciato e accarezzato con l’intelligenza e la passione di un uomo del sud orgoglioso delle sue origini, pienamente partecipe dei drammi di un popolo che spesso non riesce a dar voce al suo dolore. Mons. Agostino ha dato voce al suo popolo, lo ha spiegato, rappresentato, difeso, ammonito; ne ha scosso più volte le coscienze; ne è stato guida religiosa e spirituale, riferimento morale e culturale, interprete intellettuale dal carisma straordinario e dall’eloquio avvincente.
Negli anni in cui il territorio era messo in ginocchio dalla criminalità organizzata o, in seguito, dalla crisi delle industrie e dalla perdita del lavoro, mons. Agostino ha schierato la sua Chiesa nella trincea della resistenza, lì dove si lottava per affermare la legalità contro i poteri occulti, lì dove si lottava per difendere il pane delle famiglie, l’avvenire dei figli. Vedeva con lungimiranza, capiva che dietro la chiusura delle fabbriche non c’era solo la disperazione di centinaia di lavoratori, ma anche l’impoverimento complessivo di una comunità che da quella chiusura non sarebbe più ripartita.
Come è avvenuto. Davanti a quelle fabbriche riuscì a portare Papa Giovanni Paolo II°, in quelle fabbriche, con coraggio, lui entrò per dire che la Chiesa non abbandonava i lavoratori. In quei giorni drammatici, ma in tutta l’attività pastorale di Agostino, è emerso chiaro come per lui il lavoro avesse una centralità insostituibile, per la dignità della persona, certamente, ma poi per la coesione morale del tessuto sociale, per l’unità della famiglia, per combattere degenerazioni individualistiche o facili quanto pericolose scorciatoie alla ricerca di ricchezza e benessere.
Il lavoro, nella sua concezione, era alla base della ricchezza spirituale del popolo e della solidità dei suoi legami. Senza lavoro la società sbanda, l’animo si corrompe, l’intelligenza si mortifica. Per questo, e per tanto altro ancora che sarebbe lungo ricordare, mons. Agostino è stato Padre. Per questo lo rimpiangiamo con commozione, memori del suo magistero, ricordando in lui un protagonista prestigioso e autorevole di una fase in cui, dentro la sofferenza, bisognava indicare la strada della speranza, invitare a non rassegnarsi, a restare uniti per costruire il futuro.
Di tutto questo mons. Agostino ha dato testimonianza ai più alti livelli quale presidente della Conferenza episcopale calabra e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, in cui ha potuto parlare del sud con il fervore che lo caratterizzava e con la lucidità di chi sapeva di essere un’espressione ascoltata e seguita del popolo meridionale.
Un suo amato “dirigente”, se è possibile usare questo termine per un uomo di Chiesa. Da pastore, da arcivescovo, convinto assertore delle indicazioni del Concilio Vaticano II, ha curato con determinazione la riorganizzazione della Chiesa sul territorio, sostenendo un fermento spirituale che ha dato frutti ancora oggi riconoscibili in alcune figure sacerdotali che nella stagione di mons.
Agostino hanno coltivato la loro vocazione e il loro impegno ecclesiale, poi portato in ruoli di primo piano e in contesti importanti, fuori della nostra provincia. Con energia ha combattuto alcune degenerazioni di certe manifestazioni di religiosità popolare, ma sotto la sua guida, e per sue intuizioni, hanno preso vita movimenti e percorsi religiosi che dal suo incoraggiamento hanno tratto linfa e vigore.
Chiudo ricordando quel dono meraviglioso che per sua ferma volontà abbiamo ricevuto e accolto quale oasi di raccoglimento e di preghiera, nel silenzio della natura, nella pace intima del luogo, davanti al mare di Capo Colonna: il Monastero delle Carmelitane. Anche in opere come questa si è manifestato l’amore per la Chiesa e per la sua terra di una personalità che tutti porteremo per sempre nei nostri cuori".