Attivisti No Eni: “Applicare il principio di precauzione sulle attività di estrazione degli idrocarburi”
Dopo diversi incontri avuti in Basilicata con l'avvocato Giovanna Bellizzi componente nazionale NO Triv affrontando le tematiche che da più tempo subisce il nostro territorio, si è deciso di richiamare all'attenzione degli organi competenti "il preincipio di precauzione sulle attività di ricerca di idrocarburi". E' quanto scrive Francesco saluice coordinatore degli Attivisti no Eni.
"Il principio di precauzione - continua la nota - è stato recepito dall’Unione Europea mediante la ratifica della Convenzione della diversità biologica di Rio de Janeiro (93/626/CEE), ed esplicitando la politica comunitaria con la Comunicazione della Commissione COM (2000) 1 Final (2 febbraio 2000). Al cap. 1 di tale documento si afferma che “il fatto di invocare o no il principio di precauzione è una decisione esercitata in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi siano indicazioni che i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e incompatibili con il livello di protezione prescelto”. Da tale principio discende l’obbligo delle autorità dei singoli Stati di adottare, nell’ambito preciso dell’esercizio delle competenze che sono loro attribuite, provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici. La recezione del principio di precauzione nell’ordinamento italiano è garantita dall’art. 3 ter del D.lgs 152/2006 (Codice dell’Ambiente) “ la tutela degli ambienti e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia conformata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente nonché al principio “chi inquina paga” che, ai sensi dell’articolo 174 comma 2 del Trattato CE, regolano la politica della Comunità in materia ambientale”. Tuttavia, consentire attività di ricerca di idrocarburi in terraferma ed a mare in assenza di prove circa l’assenza di pericolo per l’ambiente e la salute dei cittadini, costituisce gravissima violazione delle disposizioni di legge in vigore. Le istituzioni hanno il preciso obbligo di valutare il potenziale pericolo per la salute e per l’ambiente, attraverso l’identificazione degli agenti biologici, chimici o fisici che possono avere effetti negativi. Il quadro normativo esistente e le numerose sentenze emesse dalla Corte di Giustizia Europea evidenziano chiaramente che, la valutazione scientifica dei rischi deve essere delegata dall’istituzione ad esperti scientifici che debbono elaborarla in modo indipendente, obbiettivo e trasparente. Si configura così l’obbligo per le istituzioni di assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente e della salute pubblica a seguito di decisioni assunte sulla base dei migliori dati scientifici disponibili e che siano fondate sui più recenti risultati della ricerca internazionale. Al riguardo - conclude la nota - non si può configurare una mera e discrezionale applicazione delle norme giuridiche vigente, quanto, piuttosto, uno specifico obbligo a garantire, attraverso il principio di precauzione, la salute pubblica e l’ambiente. Le indicazioni così fornite evidenziano come Comuni, Regioni e Ministero dell’Ambiente debbono in assenza di uno studio scientifico obbiettivo, indipendente e trasparente che possa escludere pericolo di danno alla salute e all’ambiente devono esprimere parere negativo avverso le istanze di ricerca di idrocarburi in terraferma ed a mare".