Appalti pubblici controllati dalla ‘ndrangheta, blitz a Reggio contro gli Aquino e i Commisso
Avrebbero condizionato appalti pubblici, specialmente nel settore delle infrastrutture e della gestione dei rifiuti. Questo quanto scoperto dalla polizia di stato di Reggio Calabria che stamani ha eseguito 29 provvedimenti restrittivi nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti capi ed affiliati di diverse cosche d’ndrangheta, operanti nella Locride ed indagati a vario titolo, per associazione mafiosa transnazionale, estorsione aggravata, turbata libertà degli incanti, illecita concorrenza con violenza o minaccia e reati in materia di armi.
Dopo un'articolata attività investigativa - scaturita nell’operazione di oggi e denominata “La Morsa sugli appalti pubblici” - si sarebbero individuate una serie di vicende dalle quali emergerebbe con evidenza la fortissima pressione esercitata dall’organizzazione criminale sull’economia legale ed i meccanismi sottesi alle attività estorsive ricollegabili all’esecuzione dei lavori ed alle attività attraverso le quali si realizza l’ingerenza nel settore degli apalti pubblici.
In particolare, gli agenti avrebbero fatto luce su molteplici attività criminali delle cosche Commisso e Aquino (che controllano i territori dell'entroterra reggino di Siderno e Marina di Gioiosa Ionica) e di altri clan mafiosi del versante ionico reggino, nell'area di Gioiosa Ionica, Natile di Careri, Ciminà e Caulonia.
L'indagine avrebbe consentito inoltre di dimostrare la leadership della cosca Commisso, considerata una delle più importanti della 'ndrangheta del versante ionico-reggino, e capace, secondo gli inquirenti di proiettare le sue attività criminali anche a livello transnazionale, in particolare in Canada. Il clan, ritengono gli investigatori, sarebbe stato impegnato nel condizionamento degli appalti pubblici come i lavori di ammodernamento di arterie stradali, acquedotti, edifici scolastici della zona, oltre che nella gestione dei rifiuti solidi urbani e di natura pericolosa nel comprensorio di Siderno e dell’area ionica.
COINVOLTO ANCHE L'EX PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE DI SIDERNO
10.00 | Antonio Macrì, ex presidente del consiglio comunale di Siderno, è tra i 29 destinatari di misura cautelare nell'ambito dell'operazione "Morsa sugli appalti pubblici" condotta stamani dalla mobile e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Macrì, accusato di essere stato uomo politico di riferimento della cosca di 'ndrangheta dei Commisso, operante a Siderno, è stato presidente del civico consesso durante la giunta del sindaco Figliomeni, condannato a 12 anni di reclusione lo scorso luglio all'esito del processo di primo grado scaturito dalle operazioni Bene Comune e Recupero. Tra gli altri arrestati dell'operazione figura anche l'anziano imprenditore Rocco Carlo Attinà, suocero di Cosimo Commisso inteso "Quaglia".
I NOMI DEGLI ARRESTATI
Queste le 29 ordinanze di custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari sono state emesse dal Gip di Reggio:
- Aquino Salvatore, nato a Marina Gioiosa Jonica (RC) il 29.02.1944;
- Archinà Domenico, nato a Siderno (RC) il 27 novembre 1971;
- Archinà Rocco Carlo, nato a Siderno (RC) il 29 ottobre 1936;
- Capogreco Leonardo, nato a Locri (RC) il 6 aprile 1976, genero di COMMISSO Giuseppe alias “Il Mastro”;
- Caracciolo Tommaso Rocco, detto “Mico”, nato a Gioiosa Ionica (RC) il 24 gennaio 1931;
- Cataldo Vincenzo, nato a Siderno (RC) il 5 settembre 1946;
- Coluccio Antonio, nato a Marina di Gioiosa Ionica (RC) il 14 novembre 1969;
- Commisso Giuseppe, alias “Il Mastro”, nato a Siderno (RC) il 2 febbraio 1947, già detenuto;
- Commisso Pietro, alias “Quaglia”, nato a Siderno (RC) il 1 luglio 1932;
- Cordì Antonio, nato a Locri (RC) il 6 gennaio 1987;
- Ferraro Francesco, alias “Mulinu”, nato a Siderno (RC) l’1 marzo 1967;
- Filippone Antonio, nato a Canolo (RC) il 4 gennaio 1954;
- Futia Antonio, nato a Siderno (RC) il 21 settembre 1958, già detenuto;
- Ietto Antonio Pietro, nato a Careri (RC) il 2 febbraio 1956;
- Macrì Antonio, nato a Siderno (RC) il 20 agosto 1957;
- Macrì Marco, nato a Locri (RC) il 3 maggio 1972;
- Macrì Salvatore, nato a Siderno (RC) il 9 aprile 1949;
- Monteleone La Rosa Fortunato, alias “Nato”, nato ad Antonimina (RC) il 24 gennaio 1951;
- Muià Carmelo, nato a Siderno (RC) il 9 luglio 1972, già detenuto;
- Nesci Nicola, nato a Ciminà (RC) il 24 giugno 1955, già detenuto;
- P.D., nato a Locri (RC) il 3 ottobre 1969, già detenuto;
- Richichi Domenico, nato a Careri (RC) il 19 novembre 1960;
- Tavernese Vincenzo, nato a Siderno (RC) il 10 settembre 1950;
- Ursini Mario, nato a Gioiosa Jonica (RC) il 20 aprile 1950, già detenuto;
- Correale Cosimo, alias “Zorro” nato a Locri (RC) il 3 marzo 1984;
- Versace Domenico Antonio, nato a Bova Marina (RC) l’11 settembre 1954;
- Cherubino Giuseppe, alias “Popi”, nato a Siderno (RC) il 16 settembre 1984.
Nei loro confronti il Gip ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, ad eccezione dell’ultimo, Giuseppe Cherubino, sottoposto ai domiciliari per violazione della Legge sulle Armi.
IL CONTROLLO DEI CLAN, GLI INTERESSI AL NORD E IN CANADA
Le articolate attività investigative, svolte in maniera certosina e per lunghi anni dalla Polizia di Stato, avrebbero consentito di tracciare un quadro preciso e dettagliato riguardo al capillare controllo mafioso esercitato dalle principali ‘ndrine operanti nel versante dell’alto Jonico Reggino, con ramificazioni nel Nord Italia e perfino in Canada, finalizzato al monopolio delle più redditizie attività economiche, all’ingerenza nella vita politica locale ed al conseguimento di profitti e vantaggi ingiusti.
Già all’indomani dell’esecuzione di 120 decreti di fermo emessi nell’indagine divenuta storica con il nome de “Il Crimine”, che avrebbe dimostrato come la ‘ndrangheta è una organizzazione unita distinta in tre mandamenti (Tirrenico, Reggio Centro e Jonico), facenti capo ad un organismo di vertice denominato Provincia, si sono sviluppati vari filoni investigativi, per lo più attraverso l’approfondimento di preziose informazioni, captate presso la lavanderia Ape Green di Giuseppe Commisso, alias “U mastro”, considerato dagli investigatori importante e rispettato boss della omonima famiglia di Siderno (già in carcere in quanto arrestato nell’operazione Il Crimine) che si sarebbero tradotte in altri significativi procedimenti, alcuni dei quali sono stati già passati in primo grado o in appello, fra cui “Bene Comune-Recupero”, “Locri è unita”, “Saggezza” e “Mistero”.
L’operazione di oggi, pertanto, che costituisce la logica prosecuzione dell’azione di contrasto alla “società di Siderno” ed alle cosiddette società minori (i vari locali di ‘ndrangheta della stessa zona di Gioiosa Jonica, Natile di Careri, Canolo, Ciminà, Antonimina e Caulonia, orbitanti attorno alle più blasonate famiglie dei Commisso di Siderno e degli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica), avrebbe permesso di individuare una serie di vicende dalle quali emergerebbe con evidenza la fortissima pressione esercitata dall’organizzazione sull’economia legale ed i meccanismi sottesi alle attività estorsive ricollegabili all’esecuzione dei lavori ed alle attività attraverso le quali si realizza l’ingerenza del sodalizio nel settore dei pubblici appalti.
LA LAVANDERIA: LUOGO D’INCONTRO E DI STRATEGIE
Come si ricorderà dall’Operazione “Il Crimine”, Giuseppe Commisso, il mastro, avrebbe utilizzato la propria lavanderia Ape Green, situata al piano seminterrato del centro commerciale “I Portici” di Siderno, luogo ritenuto sicuro poiché protetto da sistemi di allarme, per ricevere la visita dei propri affiliati (alcuni dei quali giungevano anche dal Canada), discutere di piani strategici, delle alleanze con gli altri clan e della tutela degli interessi familiari. Tali dialoghi, captati dalla Polizia di Stato attraverso il montaggio di microspie, avrebbero svelato uno spaccato degli attuali assetti mafiosi che, spesso, hanno riscontrato le acquisizioni derivate da altre e parallele attività d’indagine, consentendo di ricostruire l’attuale organizzazione della ‘ndrangheta non solo nella provincia di Reggio Calabria ma anche su gran parte del territorio nazionale, europeo ed anche oltreoceano.
Le risultanze investigative cui si sarebbe giunti con questa inchiesta sono state corroborate da fonti collaborative, ovvero da informazioni rese da collaboratori di Giustizia, fra cui Giuseppe Costa (soggetto di vertice dell’omonima cosca), Antonio Cossidente (l’uomo è stato uno dei capi del gruppo “Basilischi” operante a Potenza ed altrove ed ha reso dichiarazioni sulla famiglia Ursino) Domenico Oppedisano (legato da parentela con la famiglia Cordì di Locri), Rocco Varacalli (persona le cui dichiarazioni sono state valutate positivamente dal Gip di Torino nell’ambito dell'indagine Minotauro) e Rocco Marando (già esponente dell’omonima ‘ndrina e del locale di Volpiano in Piemonte).
L’AFFAIRE RIFIUTI, GLI APPALTI PUBBLICI E LA PERCENTUALE DEL 3%
Tra gli affari più importanti da cui la ‘ndrangheta avrebbe ottenuto i maggiori guadagni vi è, senza dubbio, quello del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti, settore nel quale, secondo una logica di spartizione dettata dagli equilibri mafiosi, la cosca Commisso ricorreva alle condotte estorsive che si sono estrinsecate nell’imposizione alla ditta capofila nel trasporto degli scarti di lavorazione in uscita dall’impianto di trattamento di Siderno, il versamento di una somma di denaro per ogni trasporto effettuato.
Spesso, come esposto nel caso del trasporto dei rifiuti, la ‘ndrangheta avrebbe imposto i propri diktat alle imprese impegnate nell’esecuzione di consistenti lavori pubblici attraverso il versamento di somme di denaro calcolate in percentuale rispetto all’importo complessivo stanziato dalle Pubbliche Amministrazioni.
Sarebbe accaduto per esempio in occasione dell’esecuzione dei lavori di costruzione dell’impianto di potabilizzazione e distribuzione delle acque della diga sul Torrente Lordo nel Comune di Siderno, nel corso dei quali Giuseppe Commisso il mastro, in concorso con Vincenzo Cataldo, Antonino Futia, Antonio Figliomeni e Vincenzo Tavernese, avrebbe richiesto la consegna, a titolo di estorsione, dell’1,5% del finanziamento per il tratto Siderno-Locri (pari a quasi 6 milioni di euro) agli imprenditori titolari della ditta Cisaf, impegnata tra il 2009 ed il 2010 nelle relative opere appaltate dall’ente “Acquedotto delle dighe del Metramo e Lordo”. In particolare, Commisso, in qualità di esponente della famiglia egemone sul territorio, avrebbe dato mandato agli altri concorrenti di contattare i responsabili della ditta per imporre l’estorsione, mentre Futia si sarebbe rapportato direttamente con gli imprenditori per quantificare l’importo da versare e Tavernese, attuale custode della diga, avrebbe controllato l’andamento dei lavori, rapportando quanto appreso al Figliomeni.
La riscossione del pizzo avrebbe interessato anche i lavori di distribuzione delle acque della diga compresi nel tratto Siderno-Gioiosa Jonica, affidati, grazie ad un finanziamento di 2 milioni e mezzo di euro, alla ditta “Progress e Lavoro Società Cooperativa” di Polistena, alla quale sarebbe stato imposto dagli stessi soggetti, in concorso con Rocco Carlo e Domenico Archinà, di pagare il 3% dell’importo complessivo dei lavori.
Un’altra consistente estorsione sarebbe stata realizzata dalla cosca a danno delle ditte impegnate nei lavori di adeguamento della Statale 106 che percorre tutta la costa Jonica, collegando Reggio Calabria a Taranto. Nella zona di Siderno, la ‘ndrangheta avrebbe estorto ad un imprenditore somme di denaro calcolate in percentuale variabile rispetto ricavi derivanti dalla fornitura del calcestruzzo alla ditta Astaldi, affidataria delle opere.
ANCHE I LAVORI NELLE SCUOLE TRA GLI INTERESSI DEL CLAN
Non sarebbero sfuggiti alla lente dei Commisso neanche i lavori pubblici di valenza sicuramente inferiore rispetto a quelli riconnessi al funzionamento della diga del Lordo. Si tratta della messa in sicurezza della scuola media statale “Corrado Alvaro” di Siderno, la cui impresa “Archeo srl” di Locri (RC), aggiudicataria dell’appalto pari a quasi 200 mila euro, sarebbe stata costretta a pagare una somma di denaro a titolo di estorsione quantificata in 6 mila euro, ovvero il “consueto” 3% calcolato sulla cifra globale dell’opera (tale reato viene contestato a Commisso il mastro, Antonio Futia, D.P. e Antonio Cordì).
Sul fronte delle altre attività economiche, “il pervasivo ed opprimente controllo mafioso – spiegano gli investigatori - veniva esercitato da Carmelo Muià, il quale, avvalendosi del suo ruolo mafioso verticistico nella cosca Commisso, minacciava pesantemente il titolare del centro commerciale ‘La Gru’ di Siderno, costringendolo quindi a servirsi per la fornitura della carne, da rivendere presso il supermercato Iperspar esistente all’interno del medesimo shopping center, dei prodotti che il Muià Carmelo commercializzava attraverso le proprie società”. “L’entourage facente capo ai Commisso, ricorrendo alla forza intimidatrice del vincolo associativo – proseguono gli inquirenti - tentava anche di costringere un imprenditore a consegnare loro la somma di 28 mila euro, cifra pari al debito contratto dalla ditta Geoambiente di Belpasso (CT) - all’inizio era in rapporto d’affari con il suddetto imprenditore - verso la Sider Petroli di Siderno, riconducibile a Correale Cosimo ed al padre Correale Michele inteso “Zorro”, appartenenti alla cosca dei Commisso”.
COMPLESSIVAMENTE, l’indagine ha consentito di assicurare alla Giustizia elementi ritenuti di assoluto rilievo nel panorama della ‘ndrangheta calabrese. Fra questi, oltre al più volte citato personaggio cardine dell’inchiesta Giuseppe Commisso (il mastro), vi è l’anziano boss Salvatore Aquino, leader indiscusso e temuto della famiglia, accusato di associazione mafiosa nell’articolazione della cosca Aquino che opera a Marina di Gioiosa Jonica ed altrove (in contrapposizione ai Mazzaferro), il quale avrebbe partecipato ad incontri e riunioni assieme al mastro per definire le doti della ‘ndrangheta e condizionare la politica locale.
Altro importante personaggio è ritenuto essere Antonio Coluccio, fratello dei più noti Giuseppe e Salvatore (entrambi detenuti in regime di 41 bis, il primo tratto in arresto il 7 agosto 2008, dopo tre anni di latitanza, a Toronto, in Canada, con un milione di dollari canadesi), il quale veniva consultato dal mastro, al pari di Rocco Aquino, per decidere comportamenti o fatti rilevanti per gli associati nel territorio di riferimento.
E’ stato nuovamente raggiunto da provvedimento restrittivo Mario Ursini, già arrestato nell’ambito della nota operazione internazionale di Polizia “New Bridge” dell’11 febbraio scorso, il quale dovrà rispondere del reato di associazione mafiosa con funzioni di direzione nell’ambito del locale di Gioiosa Jonica (RC), al quale sarebbero affiliati, con varie posizioni, Tommaso Rocco Caracciolo, Giuseppe Ursino e Giuseppe Gallizzi.
IL PRESUNTO COINVOLGIMENTO DI ANTONIO MACRÌ
Secondo gli inquirenti, inoltre, sarebbe stato in rapporti con la cosca Commisso anche il medico dell’Asp di Reggio Calabria Antonio Macrì (già Presidente del Consiglio Comunale di Siderno durante la Giunta di Alessandro Figliomeni), colpito da provvedimento restrittivo in carcere per associazione mafiosa, il quale non avrebbe esitato, sempre secondo gli investigatori, “a recarsi direttamente presso la lavanderia Ape green per chiedere al mastro il suo consenso per potersi candidare alle elezioni regionali nelle file del PdL, instaurando col Commisso – sempre secondo gli investigatori - un consolidato accordo collusivo che si sarebbe sostanziato nel salvaguardare gli interessi il sodalizio e nel concordare con lo stesso le scelte politiche”.
Allo stato risultano irreperibili due soggetti, da tempo trasferitisi all’estero, nei cui confronti sono state già attivate le procedure internazionali per addivenire alla loro cattura. Nel corso della perquisizione effettuata presso l’abitazione di Cherubino, sono state poi scoperte 15 piantine di cannabis sativa, pertanto lo stesso è stato arrestato, in flagranza di reato, per coltivazione e produzione di sostanze stupefacenti.
All’esecuzione dell’Ordinanza di custodia cautelare hanno preso parte oltre 250 operatori della Polizia di Stato, appartenenti alla Squadra Mobile, al Commissariato di Siderno, agli altri Commissariati della Provincia ed ai Reparti Prevenzione Crimine “Calabria”, “Sardegna” e “Toscana”.