Gli interessi dei clan sull’Expo 2015, blitz in Lombardia e Calabria: 13 arresti
Tredici arresti sono stati effettuati in Lombardia e in Calabria: i soggetti coinvolti nel blitz sono accusati di associazione mafiosa in relazione ad una inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Milano, diretta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini. Gli arresti sono stati effettuati a Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria.
Gli arrestati, oltre all’accusa di associazione di tipo mafioso, dovranno rispondere di detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d'ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio.
Al centro delle indagini, eseguite dai Ros dei carabinieri, vi sarebbero due gruppi 'ndranghetisti radicati nel Comasco e che si sarebbero infiltrati nel tessuto economico lombardo. Secondo gli investigatori, gli interessi dei clan erano le speculazioni immobiliari e i subappalti di grandi opere connesse all’Expo 2015. Gli arrestati avrebbero avuto contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e bancario da cui avrebbero ottenuto vantaggi, notizie riservate e finanziamenti. Nell’inchiesta sarebbe emerso il ruolo di un agente di polizia penitenziaria, un funzionario dell'Agenzia delle Entrate, un imprenditore immobiliare attivo anche nel mondo bancario, e con alcuni consiglieri comunali di comuni del milanese.
11:10 | Tra gli arrestati nell'operazione del Ros dei carabinieri sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia figura anche un ex consigliere del Comune di Rho (Milano), Luigi Calogero Addisi. L'accusa per lui è di riciclaggio e abuso d'ufficio con l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa. Avrebbe riciclato denaro per l'acquisto di un terreno nella zona di Rho per poi votare a favore in Consiglio comunale della destinazione d'uso che ne avrebbe aumentato il valore.
Luigi Addisi, eletto nelle file del Pd, si era dimesso dalla carica di consigliere comunale di Rho dopo essere stato citato in una intercettazione telefonica nell'ambito dell'indagine 'Metastasi', che riguardava sempre le infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia. Aveva annunciato la decisione di dimettersi sul suo profilo Facebook con le parole: "La dignità non ha prezzo". Originario del vibonese come diversi dei 13 arrestati, l'ex amministratore è accusato di essere stato direttamente interessato all'esito di una speculazione, finanziata con 300 mila euro di illecita provenienza, sull'acquisto di un terreno nella frazione Lucernate di Rho (MI), per edificare un vasto complesso immobiliare ad uso abitativo. Addisi, secondo gli investigatori, avrebbe favorito l'approvazione di una variazione di destinazione d'uso del terreno, superando i preesistenti vincoli di edificabilità.
11:30 | L'indagine si è concentrata anche su subappalti in cantieri, anche di Expo e minacce nei confronti di pubblici ufficiali. Uno degli indagati, Giuseppe Galati, già detenuto per una condanna per traffico di stupefacenti, avrebbe continuato a gestire dal carcere, attraverso alcuni familiari, due società operanti nel settore edile, titolari tra l'altro di alcuni subappalti in alcuni cantieri della "Tangenziale Est Esterna di Milano" (TEEM), opera che rientra tra le grandi opere connesse ad EXPO 2015.
Galati è indagato per i reati di partecipazione ad associazione mafiosa, nonchè di importazione e detenzione abusiva di armi da fuoco. Nel mirino delle indagini anche l'incendio doloso, avvenuto a Giussano l'8 marzo del 2013, dell'automobile di un agente della Polizia Locale di Giussano, quale ritorsione per un controllo stradale a seguito del quale l'indagato Fortunato Galati era stato denunciato per resistenza e violenza contro pubblici ufficiali. E ancora, l'invio alla direttrice del carcere di Monza di una busta contenente minacce e 3 proiettili inesplosi calibro 9 X 21, quale ritorsione per il mancato accoglimento di alcune istanze presentata da Fortunato Galati, in quel periodo detenuto in quell'istituto.
12:15 | E' amara la riflessione che il procuratore aggiunto, Ilda Boccassini, consegna ai giornalisti, durante la conferenza stampa in cui sono stati illustrati i risultati del blitz contro la 'ndrangheta messo a segno stamane: "dopo 'Infinito' (ndr, la maxi-inchiesta sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia), nulla e' cambiato: questa è la riflessione che dobbiamo fare. Evidentemente, come ha detto la Cassazione proprio in relazione al processo 'Infinito', dalla 'ndrangheta si può uscire solo in due modi, o con la morte o diventando collaboratori e dandosi allo Stato". Boccassini ha affermato che l'operazione di oggi "conferma quanto ormai sancito dalla Cassazione con la sentenza 'Infinito' e cioè l'esistenza delle 'locali' in Lombardia che hanno un capillare controllo del territorio".
Tra le vittime della 'ndrangheta individuate dalla Procura di Milano nel nuovo bliz contro le infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia c'è anche la direttrice del carcere di Monza, che ha ricevuto tre proiettili in una busta a mezzo posta e minacce di morte da alcuni degli indagati. "Per fortuna le investigazioni in corso - ha spiegato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini - ci hanno consentito di venire a conoscenza di questa circostanza e di tenere la situazione sotto controllo. Ora, la direttrice è stata sottoposta a tutela dopo la decisione del comitato di sicurezza pubblica. E' un episodio - prosegue il magistrato - che denota la violenza inaudita con cui la 'ndrangheta può reagire". Boccassini ha anche fatto riferimento all'incendio dell'auto di un vigile urbano "che ha fatto il suo dovere redigendo un rapporto finito al tribunale di sorveglianza che ha comportato la revoca della semi libertà per Antonio Galati". Quest'ultimo ritenuto "esponente apicale" dell'associazione criminale, pur essendo condannato all'ergastolo, aveva ottenuto il regime di semilibertà e - ha spiegato Boccassini - "continuava e gestire i suoi interessi sia dal carcere, sia quando girava semilibero".
Un'impresa riconducibile a Giuseppe Galati, presunto boss della 'ndrangheta, arrestato stamattina "ha avuto la certificazione antimafia" per lavorare nell'ambito di due subappalti del valore di 450 mila euro per la tangenziale esterna di Milano. Lo ha rivelato il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, nel corso della conferenza stampa.
Ilda Boccassini ha precisato che l'impresa Skavedil, riconducibile a uno degli arrestati, Giuseppe Galati, è riuscita ad ottenere la certificazione antimafia per lavorare nei subappalti della tangenziale esterna di Milano, opera collegata a Expo. Galati avrebbe "ordinato dal carcere che le sue quote nella società passassero ai suoi cognati". L'impresa ha così ottenuto da una azienda di Modena, appaltante per l'opera, due subappalti. Secondo Boccassini, "non si poteva non sapere a chi si davano quei subappalti". Boccassini e Bruti Liberati hanno annunciato che segnaleranno alla prefettura di Milano la societa' riconducibile al presunto boss. Il procuratore inoltre ha spiegato che "i controlli sulle aziende che stanno lavorando sulle opere di Expo o su quelle collegate hanno una estensione enorme e la prefettura ha emesso già una sessantina di misure interdittive nei confronti di aziende, facendo un lavoro imponente".
Quando si è fatta l'istruttoria su questi subappalti, punta il dito Boccassini, "si controllato solo chi erano gli attuali titolari, incensurati, ma bastava fare uno 'storico' per vedere chi c'era prima, e cioè una persona con reati gravissimi, che alla fine ha ottenuto un certificato anti - mafia".
17:20 | Un satellite importante, ma pur sempre un satellite: ecco il rapporto che secondo gli inquirenti della Direzione Investigativa Antimafia di Milano lega la cosca dei Galati, radicata sul territorio lombardo nel comune di Cabiate (Como) e finita nel mirino dell’inchiesta Quadrifoglio, alla famiglia dei Mancuso di Limbadi, considerata tra le più importanti della 'ndrangheta calabrese. Espressione in Lombardia della cosca mafiosa dei Mancuso, si legge nell'ordinanza emessa dal tribunale di Milano: un cognome che vanta quattro quarti di aristrocrazia criminale e ricorre periodicamente nelle cronache lombarde almeno dal 2003. Più recentemente, nel dicembre del 2013 l'inchiesta Grillo Parlante 2 porta all arresto di 23 persone appartenenti alla criminalità calabrese e al sequestro di 13 terreni, 10 appartamenti, tre villette e due capannoni, tutti localizzati in provincia di Milano. Gli arrestati estorcevano denaro e proprieta' a imprenditori indebitati su mandato di altri imprenditori lombardi, sostituendosi di fatto allo Stato. Il 50% del ricavato finiva sistematicamente nelle casse dei Mancuso.
Alcune settimane dopo, nel gennaio 2014, l'operazione Tamburo conduce all'arresto di 13 persone accusate di traffico di cocaina e residenti tra Cesano Boscone e Cisliano. La rete e' gestita da pregiudicati legati a varie cosche, tra cui gli stessi Mancuso, capaci di movimentare in breve tempo ampi carichi di cocaina mascherandoli attraverso la compravendita di camion. In quell'occasione, il comandante del reparto anticrimine del Ros dei carabinieri di Milano Giovanni Sozzo spiegava che l'indagine aveva colpito il livello intermedio, quello che si pone tra i grandi canali di approvvigionamento di cocaina e lo spaccio al minuto, una sorta di grande distribuzione sul territorio o spaccio in grande stile. Al di la' dell operazione Quadrifoglio di oggi, che si focalizza su speculazioni edilizie e appalti, anche collegati all'Expo, il traffico di stupefacenti rappresenta da sempre il core business dei Mancuso: originaria di Vibo Valentia, la cosca e' riuscita nel corso dei decenni ad avviare e mantenere canali privilegiati di approvvigionamento con i cartelli colombiani, tanto attraverso il gruppo rivoluzionario delle FARC che tramite i paramilitari di destra delle AUC. A confermare la capacità di proiezione internazionale del clan e' l'arresto di uno degli esponenti di spicco, Pantaleone Mancuso detto L'ingegnere, 53 anni, figlio del capostipite Domenico. Accusato di associazione mafiosa e duplice tentato omicidio, e' stato arrestato nell'agosto scorso a Puerto Iguazu', al confine tra Brasile e Argentina.
EXPO, FRA GLI ARRESTATI I CAPI DEL CLAN GALATI
17:30 | Coinvolge l'intero clan Galati, alleato dei più noti Mancuso di Limbadi (Vv), operante con tre rami familiari in tre paesi della provincia di Vibo Valentia, l'operazione "Quadrifoglio" della Dda di Milano su un'associazione mafiosa che si sarebbe infiltrata anche nei lavori dell'Expo di Milano. Fra gli arrestati, infatti vi sono il presunto boss Antonio Galati, 62, ed il figlio Giuseppe Galati, 35 anni, appartenenti al ramo familiare dei Galati di Comparni di Mileto (Vv). Con loro, arrestato anche Pino Galati, 43 anni, nipote di Antonio e primo cugino di Giuseppe, appartenente al ramo dei Galati di San Calogero (Vv).
Pino Galati è stato già condannato nell'operazione "Meta" a 10 anni di carcere per narcotraffico internazionale insieme al gruppo del broker della cocaina Vincenzo Barbieri, ucciso nel 2011 a San Calogero. Fra gli arrestati, vi è poi Fortunato Galati, 36 anni, appartenente ai Galati di San Giovanni di Mileto, figlio del boss Salvatore Galati, 59 anni, che sta scontando l'ergastolo per duplice omicidio.
Ed ancora, fra gli arrestati: Fortunato Bartone, 41 anni, di Mileto (Vv), cugino di Fortunato Galati; Saverio Sorrentino, 53 anni, di Francica (Vv), legato ad Antonio Galati; Antonio Denami, 28 anni, di San Costantino Calabro (Vv), Luigi Addisi, 55 anni, di San Calogero, ex consigliere comunale del Pd a Rho (Mi). (AGI)