Donna segregata e sfruttata, condanna ridotta in appello
Si è concluso con una lieve riduzione della pena il processo di secondo grado a carico del catanzarese Nicola Cappellano, 49 anni, finito al centro di un'inchiesta della Procura di Catanzaro sul presunto caso di una donna segregata e costretta a subire atroci violenze. La Corte d'appello del capoluogo calabrese, oggi, ha infatti rideterminato la condanna già inflitta all'imputato da otto anni e quattro mesi di reclusione a otto anni.
I giudici (presidente Cosentino, a latere Garofalo e Saraco), inoltre, hanno respinto l'istanza di alleggerimento della misura cautelare avanzata dall'avvocato Piero Chiodo. Il primo grado a carico di Cappellano si concluse l'11 luglio scorso quando, al termine del giudizio abbreviato che valse al 49enne lo sconto di pena di un terzo, il giudice dell'udienza preliminare lo riconobbe colpevole di riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione, come richiesto dal pubblico ministero.
Gravissime le accuse formulate al termine dell'inchiesta dal sostituto procuratore titolare del caso, Saverio Vertuccio, che ha contestato a vario titolo riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione, maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale di gruppo. Nel caso finirono travolti, assieme a Cappellano, altri due coimputati, Gianluca e Rinaldo Berlingieri, rispettivamente di 36 e 41 anni, presunti complici di 49enne, accusati di violenza sessuale di gruppo.
Tutti finirono in carcere, nel dicembre del 2013, in esecuzione di un'ordinanza cautelare. I tre uomini, secondo quanto emerso dalle indagini della Squadra mobile di Catanzaro, avrebbero a lungo approfittato di una donna, la convivente di Cappellano, che con questi aveva intrapreso una relazione dalla fine del 2012, ma lui l'avrebbe fin da subito segregata in casa e costretta a prostituirsi. L'uomo, sempre stando alle iniziali accuse della Procura, avrebbe costretto la vittima anche ad avere rapporti di gruppo con Gianluca e Rinaldo Berlingieri.
Le violenze sarebbero avvenute nell'abitazione dove vivevano la donna e Cappellano, un ambiente di pochi metri quadrati dove vivevano anche i cinque figli di lui e quattro di lei, e da dove la donna non avrebbe potuto allontanarsi liberamente. Il 49enne, tuttavia, da subito ha negato le accuse affermando che la denuncia della donna - che diede il via all'inchiesta - sarebbe stata solo una ritorsione perchè lui l'aveva "ripudiata".
Una tesi che evidentemente non ha retto neppure davanti alla Corte d'appello, che oggi ha confermato il giudizio di colpevolezza a carico di Cappellano. La situazione potrebbe concludersi del tutto diversamente, invece, per i coimputati Gianluca e Rinaldo Berlingieri, i quali hanno scelto la via del processo dibattimentale. Davanti al tribunale collegiale catanzarese, infatti, lo scorso 10 febbraio il pubblico ministero ha concluso la propria requisitoria chiedendo l'assoluzione per entrambi. Medesima richiesta è stata avanzata dai difensori degli imputati, gli avvocati Alessandro Guerriero e Arturo Bova, al termine delle rispettive arringhe. La sentenza di primo grado è attesa per il 17 marzo. (AGI)