Azienda “spogliata” e fatta fallire: in sette accusati di bancarotta fraudolenta
Sette persone accusate di bancarotta fraudolenta: in tre sono finte ai domiciliari e altre quattro sono state colpite da un divieto di dimora. Secondo gli inquirenti avrebbero distratto, nascosto, dissimulato, distrutto o dissipato, in tutto o in parte, i beni di una società causando un danno di “rilevante gravità” e comportandone il fallimento.
Nel corso dell’operazione, eseguita dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Reggio Calabria, si sta procedendo anche al sequestro di quattro società e conti corrente riconducibili agli stessi soggetti, per un valore di circa 9 milioni di euro.
Le misure sono state emesse dal Gip del Tribunale di Palmi, Massimo Minniti, su richiesta del Sostituto Procuratore Anna Pensabene.
Il provvedimento arriva al termine di un’accurata indagine svolta dai finanzieri proprio per individuare la bancarotta fraudolenta che ha visto coinvolte diverse società della provincia reggina e attive su tutto il territorio nazionale.
Le investigazioni avrebbero fatto emergere che una società, si sarebbe scissa in diverse e nuove imprese, trasferendo alle neo costituite le principali attività aziendali, compresi beni e attrezzature, con lo scopo depauperarne il proprio patrimonio. SDono stati poi individuati ingenti prelevamenti (circa 3,5 milioni di euro), effettuati tramite dei bonifici, che erano destinati principalmente ai soci ed in parte alle società della stessa compagine. Analizzati anche dei consistenti prelievi di contante (per altri 800 mila euro).
L’insieme di queste operazioni, dunque, ha fatto ritenere alle fiamme gialle che abbiano procurato il dissesto della società azzerandone il patrimonio sociale.
Da accertamenti sarebbe emersa la cosiddetta “Testa di Legno”, ovvero il rappresentante legale della società attraverso il quale i destinatari delle misure operavano, in realtà, come amministratori di fatto.
(aggiornata alle 09:10)