Accordo mafia-‘ndrangheta: nuova irruzione della Polizia reggina in casa di Contrada
La Dda di Reggio Calabria indaga su un presunto patto fra la mafia siciliana e la ‘ndrangheta calabrese per attuare la stagione delle stragi voluta da Cosa Nostra negli anni Novanta.
Nell'ambito dell'indagine dei magistrati calabresi, volta a fare luce sull'uccisione di due carabinieri avvenuta nel '94 e sul ferimento di altri militari, nei giorni scorsi sono state emesse delle ordinanze di custodia cautelare a carico del boss mafioso di Brancaccio, Giuseppe Graviano, già detenuto al 41 bis, e di Rocco Santo Filippone, esponente della 'ndrangheta.
L’indagine, rientrante nell’operazione ‘Ndrangheta stragista, si concentra adesso sui rapporti tra Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, e Giovanni Aiello, ex agente di polizia con un passato nei servizi segreti, conosciuto con il nome di “faccia da mostro”.
Nella notte di giovedì scorso gli agenti della Questura reggina hanno effettuato una prima perquisizione nell’abitazione dell'ex funzionario del Sisde e stamane è avvenuta una seconda irruzione.
Dal canto suo reagisce il difensore di Bruno Contrada, l'avvocato Stefano Giordano, che afferma: "E' una vicenda dai contorni inquietanti".
Il legale prosegue annunciando che chiederà un incontro al capo della Polizia, Gabrielli, per raccontargli "alcuni particolari rilevanti anche dal punto di vista disciplinare che riguardano i funzionari della Squadra mobile di Reggio Calabria che oggi si sono presentati a casa di Bruno Contrada. Gli aspetti penali poi verranno approfonditi in altra sede".
"La prima perquisizione, il 26 luglio scorso – aggiunge Giordano - fu di notte. Una perquisizione che a Palermo ha dato per altro esito negativo mentre nell'abitazione di Napoli, in cui vive il fratello, e' stato sequestrato un giornale del 1994 in cui si parlava di Contrada. Oggi invece - racconta - si sono presentati alle 8 di mattina. Solo alle 13 sono stato avvertito dallo stesso Contrada e mi sono precipitato a casa sua".
Giunto nell'abitazione del suo assistito, il legale ha chiesto l'esibizione di una delega, dell'invito a comparire o del decreto di perquisizione mentre i poliziotti si apprestavano a redigere un verbale di interrogatorio. "Non avevano nulla di tutto ciò per cui - va avanti il difensore di Contrada - li ho invitati a lasciare immediatamente l'appartamento. Sottolineando che non potevano fare nulla di tutto ciò. Questo tira e molla e durato quasi un'ora. Sono stato costretto a chiamare i Carabinieri ai quali ho riferito l'accaduto".
Contrada, che a dire del suo avvocato non aveva capito di essere sottoposto ad un interrogatorio ma, così come la volta precedente, non ha fatto alcun tipo di obiezione, anche per una forma di rispetto verso coloro che ritiene dei colleghi.
Tuttavia l'avvocato Giordano parla di "aspetti inquietanti", di "abuso della pazienza altrui" e di uno "Stato di polizia". Anche per questa ragione ha deciso di utilizzare Facebook per denunciare questa seconda perquisizione.