Barbanti (Pd): “ecco cosa si cela dietro ai flussi finanziari del Welfare in Calabria”
“La disorganicità gestionale dei fondi istituzionali (Stato e Regioni) a sostegno delle categorie svantaggiate incorre a delle criticità. Partiamo allora dalla legge istitutiva dei Piani Territoriali Regionali d'Area. Si tratta di strumenti innovativi, costruiti secondo una logica di governance multilivello e con un approccio di tipo multisettoriale: sagomati apposta, insomma, per forme strutturali iconicamente coincidenti con le Cooperative.
Lo afferma l’onorevole Sebastiano Barbanti del Pd che spiega come “i Ptra infatti prevedono la partecipazione attiva e continuativa di tutti i soggetti presenti sul territorio durante tutte le fasi di elaborazione del piano, per la condivisione di strategie, obiettivi e azioni. La condivisione con il mondo sociale, economico, istituzionale e culturale permette di creare piattaforme unitarie efficaci per il raggiungimento di obiettivi comuni, integrando le politiche settoriali regionali per convogliare tutte le energie e le risorse possibili nell'attuazione del piano – spiega ancora Barbanti a cui però sorge spontanea la seguente domanda: perché mai la Regione Calabria ha dimenticato tale strumento? E quindi, perché non ha mai riunito gli operatori settoriali, impegnati in ogni ambito del Welfare sui nostri territori”?
“È evidente che siamo in presenza di una situazione di grave stagnazione della volontà istituzionale Regionale – questo il pensiero dell’onorevole - nel caso specifico, di dar corso a una pianificazione del comparto. È questa la causa di ogni disfunzione economica e operativa che attanaglia il Terzo Settore alle nostre latitudini”.
“Sicché senza pianificazione nessuno saprà mai – continua la nota - a differenza di quanto accade in altre regioni italiane, né l'esatta misura dei fondi sociali né la loro giusta attrazione distributiva. Allo stesso modo siamo deficitari sul terreno censorio: quanti disabili, quanti tossicodipendenti, quanti indigenti, quanti lungodegenti domiciliarizzati, ad esempio, contano i nostri territori provinciali e comunali?
“E dunque, in siffatte condizioni, in cui la prassi consolidata nella gestione pubblica del Terzo Settore è, a dir poco, malata, come possiamo essere certi – aggiunge ancora - dell'identità dei soggetti che partecipano al processo di finanziamento del Welfare? Chi è che controlla tutto ciò? Riceve ognuno il ruolo che gli spetta? Sono i fondi destinati in maniera congrua rispetto alle competenze? Allo stato attuale, ogni risposta è negativa. Si continua a navigare a vista in un oceano di confusione gestionale”.
“Così, mentre le Associazioni opererebbero in regime di chiarezza amministrativa e gestionale, fornendo puntualmente il servizio cui si dichiarano preposte, le cooperative agirebbero da vero e proprio sistema di impresa capace di produrre lucro a beneficio di una sempre più larga fascia sociale. E se una delle difficoltà è di carattere statutario, può bastare la sottoscrizione di un'intesa volta a diversificare la funzione Onlus da quella del lavoro statale tra le diverse Cooperative, – conclude Barbanti - ciò servirà anche ad evitare che soggetti in malafede trucchino i bilanci. Le leggi, insomma, regolamentano oramai chiaramente il comparto. Perché mai, dunque, si continua a ignorare un impianto normativo che trasformerebbe, di fatto, il Terzo Settore in fucina della nuova economia”?