Caccia. Legambiente: “danno ambientale” e aspetta risposte dal ministro
Una minaccia imminente di danno ambientale, irrimediabile e concreta, a causa di attività venatoria. È quanto denuncia Legambiente, tramite un esposto alle prefetture di Cosenza e Reggio Calabria, al ministro dell’Ambiente, cui chiede informazioni sui provvedimenti assunti dallo Stato a tutela dell’ambiente.
Ad agosto, l’associazione ha inviato al governo una richiesta urgente di posticipo della stagione venatoria, sottolineando l’eccezionalità della situazione determinata dall’assenza prolungata di precipitazioni, da temperature sopra la media e da numerosi incendi boschivi in vaste aree del nostro Paese, che hanno messo e mettono fortemente a rischio la conservazione della fauna.
Non avendo ricevuto alcun cenno di riscontro, Legambiente ribadisce che l’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato. E denuncia nuovamente come le conseguenze della grave siccità protrattasi per molti mesi e degli eccezionali incendi di vegetazione abbiano riguardato alcune delle fasi biologiche più delicate per la sopravvivenza delle specie selvatiche: la migrazione prenuziale, per l’avifauna, e la riproduzione e lo svezzamento della prole, per tutte le specie.
In particolare, i dati meteoclimatici indicano che il 2017 è stato caratterizzato, già dall’inizio dell’anno, da una situazione meteorologica decisamente critica, caratterizzata da temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una situazione accentuata di stress in molti ecosistemi. Gli ultimi nove mesi sono stati i più secchi dal 1800 e da dicembre 2016 ad agosto 2017 è stato registrato un deficit di piogge del 40%, mentre, nel contempo, il mese di agosto ha fatto registrare un'anomalia pari a +2.53°C sopra la media del periodo 1971/2000, risultando così il terzo più caldo dal 1800.
Questa situazione è stata ulteriormente aggravata da una drammatica espansione del numero degli incendi e della superficie percorsa dal fuoco, con oltre 135.470 ettari percorsi dal fuoco in Italia dall’inizio dell’anno all’11 settembre, di cui 31.300 ettari ricadenti in aree protette afferenti all’Elenco Ufficiale delle Aree Protette, ben 33.384 ettari all’interno delle Zone di Protezione Speciale istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE e 36.929 ettari all’interno dei Siti di Importanza Comunitaria istituiti ai sensi della Direttiva 92/43/CEE (dati European Forest Fire Information System – EFFIS, elaborazione Legambiente) intaccando per molti mesi o, nel caso di habitat forestali, per anni, alcuni degli ambienti naturali e degli habitat protetti più preziosi per soddisfare le esigenze essenziali di rifugio, trofiche e riproduttive delle popolazioni di fauna selvatica presenti in Italia.
“Già in condizioni ordinarie – commenta Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria - , per poter essere autorizzata, la caccia ha l’obbligo di essere supportata da dati oggettivi, puntuali e aggiornati. La Regione Calabria l’ha autorizzata senza che sia stato fatto il monitoraggio a scala regionale delle specie cacciabili, né la lettura e l’analisi dei tesserini venatori per valutare l’impatto dei carnieri realizzati. Senza alcuna banca dati regionale regolarmente implementata che supporti scientificamente le autorizzazioni annualmente rilasciate. Senza valutazione di incidenza relativamente ai siti Natura 2000 percorsi dal fuoco nel 2017”.
A fronte di ciò e delle condizioni di rischio non ordinarie per la conservazione della fauna appena illustrate, Legambiente denuncia quindi che la caccia - il cui obiettivo è l’uccisione diretta di specie di fauna selvatica - rende irrimediabile e concreta la minaccia imminente di danno ambientale.