“Gambling”, gup Reggio: “Gennaro garante dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nei giochi”
Mario Gennaro – capo del bookmaker maltese Betuniq – ha reso “possibile l’infiltrazione della cosca della ‘ndrangheta in un settore di grande rilevanza come quello dei giochi e delle scommesse”: il Superpentito - scrive l'Agipro – attualmente in regime di protezione dopo le dichiarazioni rese alla procura Antimafia di Reggio Calabria – “era il garante dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nel settore dei giochi attraverso il marchio Betuniq - di cui era il titolare sostanziale - oggetto nel tempo di una attività di ripulitura del marchio e della relativa immagine, al punto di acquisire prestigio commerciale e affiancare quello dei maggiori competitor del settore”.
È uno dei passaggi delle motivazioni con le quali il Gup di Reggio Calabria - Nicolò Marino - ha inflitto 4 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso a Mario Gennaro, considerato il vertice dell’organizzazione sgominata nell’agosto 2015 con l’operazione “Gambling” della Procura Antimafia reggina.
Il sodalizio criminale, riporta Agipronews, si avvaleva di una “rete capillare sul territorio, garantita dalla forza intimidatrice e messa a disposizione e a vantaggio di varie realtà criminali di tipo ‘ndranghetistico”, scrive ancora Marino nelle 790 pagine di motivazioni, avvalendosi “del metodo mafioso” e agevolando la ‘ndrangheta nelle sue attività di riciclaggio, “attraverso lo schermo di imprese operanti nel settore dei giochi e scommesse a distanza e lo sviamento delle giocate verso server dislocati in stati esteri. Il Pm Stefano Musolino aveva chiesto per il protagonista della vicenda 3 anni di reclusione e 400 euro di multa, la pena è stata però resa più pesante dal giudice.
“Mariolino” ha comunque ottenuto dalla Procura un forte sconto sulla pena - dai 9 anni della richiesta base - grazie al contributo decisivo fornito sia alle indagini sul gioco online illegale sia su altri filoni di inchiesta che riguardano le attività criminose del clan Tegano. Nell’operazione internazionale contro le scommesse online illegali - condotta giusto due anni fa, nel luglio 2015, dalla Direzione Distrettuale Antimafia - erano stati sequestrati beni per 2 miliardi di euro e arrestate 41 persone.
Il Gup Marino ha accolto quasi integralmente le richieste dell’accusa, condannando 30 imputati e assolvendone 6. Condanna – oltre che per Mario Gennaro – anche per Margherita Giudetti (6 anni): la Giudetti, considerata una delle più strette collaboratrici di Gennaro, viene giudicata “attivissima sul piano commerciale e fautrice di una linea aziendalistica imposta da Mario Gennaro per ripulire il marchio Betuniq”.
Pesante condanna (8 anni) anche per l’avvocato di Betsolution4U – altro marchio dell’organizzazione - A.V. (8 anni): secondo il Gup Marino, egli è “mente, ideologo, organizzatore, un vero e proprio “consulente illegale”, che ha orientato e condizionato l’operare della società secondo strategie dichiaratamente elusive della normativa di settore e dei controlli delle forze dell’ordine, sempre proteso ad affinare le tecniche elusive strumentali alla sopravvivenza dell’associazione”.
Quattro anni e 8 mesi sono stati inflitti a Luca Gagni, notissimo imprenditore del settore giochi con le società “Agile” e “Tuke”: secondo il giudice, “Egli – perfettamente consapevole delle dinamiche criminali sottese all’organizzazione che faceva capo a Mario Gennaro - aveva concesso a uno dei soci del sodalizio – Francesco Ripepi – l’utilizzo della sede di “Agile” (società con concessione dei Monopoli di Stato, ndr) e la diretta gestione delle relazioni informatiche tra i siti gestiti dall’organizzazione criminale e la piattaforma di “Agile”, oltre ad aver curato la commercializzazione del brand “Betuniq” nel NordItalia”. Le pene più pesanti sono state inflitte a Cesare Ventura, Terenzio Minniti e Giovanni Ficara (12 anni).
I trenta condannati del caso “Gambling” – dopo la sentenza di primo grado del processo con rito abbreviato - dovranno risarcire ministero degli Interni e Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che si erano costituiti parte civile. Il Viminale aveva evidenziato – a causa dell’attività del gruppo criminale - danni patrimoniali e non patrimoniali, con una richiesta al Tribunale di due milioni di euro e una provvisionale di 500mila euro, mentre i Monopoli di Stato avevano lamentato danni per 4,2 milioni di euro per l’imposta non riscossa, con una provvisionale per due milioni di euro. Sarà ora il giudice civile a definire l’entità dei danni subiti dalle due amministrazioni.