Oltre mezzo milione su due conti alle Seychelles, un altro sequestro per Matacena
Due conti correnti, di cui uno in una banca delle isole Seychelles (per il quale è stata attivata un’apposita rogatoria internazionale) con oltre 540 mila euro.
Questo il valore dei beni raggiunti rispettivamente da un provvedimento di sequestro e confisca a carico di Amedeo Matacena, noto armatore ed ex parlamentare di Forza Italia attualmente latitante a Dubai, negli Emirati Arabi.
Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha eseguito infatti eseguito le misure emesse rispettivamente dalla Corte di Assise d’Appello di Reggio Calabria (su proposta del Procuratore Generale, Bernardo Petralia, e del Sostituto Domenico Galletta) e dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale (su proposta del Procuratore Distrettuale Calogero Gaetano Paci).
Matacena, già condannato definitivamente nel 2014 a 3 anni di reclusione dalla Corte di Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa e successivamente coinvolto nelle indagini svolte dalla Dia nell’abito dell’Operazione Breakfast, era già stato raggiunto, nel dicembre scorso, da un provvedimento simile emesso dalla locale Corte di Assise di Appello, in quanto i suoi beni sarebbero risultati essere il “frutto di attività illecite o di reimpiego dei loro proventi”.
Secondo gli inquirenti sarebbe infatti emersa “una oggettiva quanto marcata sproporzione” tra gli investimenti effettuati e i redditi dichiarati.
In quel caso era stato disposto il sequestro e la confisca di 12 società dell’armatore (per l’intero capitale sociale o in quota parte), di cui quattro in Italia (a Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Roma) e otto all’estero (alle Isole Nevis, Portogallo, Panama, Liberia e Florida), oltre che di disponibilità finanziarie su conti esteri (isole Seychelles), per un valore che superava i 10 milioni di euro.
Ancora prima, nel luglio 2017, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria aveva disposto nei confronti di Matacena un sequestro beni del valore di oltre un milione di euro.
Indagini eseguite successivamente dalla Dia della città dello Stretto, sotto il coordinamento rispettivamente della Procura Generale e della Procura Distrettuale, avrebbero portato ad individuare altre risorse bancarie nella disponibilità dell’armatore reggino, anche se formalmente intestate alla moglie Chiara Rizzo.