Omicidio ex carabiniere a Lamezia, chiesti 30 anni di carcere per il mandante
Trenta anni di carcere per di Domenico Antonio Cannizzaro, accusato di essere il mandante dell’omicidio di Gennaro Ventura, fotografo freddato nel 1996.
La Corte d’assise d’appello ha emesso la sentenza nel processo sull’omicidio dell’allora 28enne.
Il procuratore generale ha chiesto trenta anni di carcere nei confronti di Cannizzaro, chiedendo di fatto la conferma della sentenza di primo grado.
L’udienza è stata quindi rinviata a febbraio per la discussione della difesa rappresentata dall’avvocato Lucio Canzoniere e preludio alla sentenza.
A seguito delle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, l’esecutore materiale dell’omicidio del fotografo, Gennaro Pulice e il cognato del boss, Pietro Paolo Stranges, la posizione di Cannizzaro si è aggravata.
Per gli inquirenti Ventura sarebbe stato ucciso perché attirato in una trappola da Pulice.
La scusa sarebbe stata quella di fotografare dei reperti archeologici trovati per caso, il killer gli avrebbe dunque dato appuntamento in un casolare abbandonato di contrada Carrà dove il 28enne venne ucciso con un colpo in testa e il cadavere poi buttato in una botola. Il ritrovamento è avvenuto 12 anni dopo per puro caso.
Ventura sarebbe stato ucciso perché da giovane carabiniere in servizio a Roma aveva fatto arrestare e condannare il nipote di Domenico Antonio Cannizzaro, ritenuto dagli inquirenti uno dei protagonisti delle guerre di ‘ndrangheta che per decenni hanno insanguinato Lamezia.
Per questo motivo Ventura è stato giustiziato. Secondo l’accusa a ordinare l’omicidio sarebbe stato il boss e ad eseguirlo sarebbe stato Pulice, lo spietato killer che qualche anno dopo si sarebbe pentito raccontando tutto alla squadra mobile di Catanzaro.