‘Ndrangheta. Colpo alla Cosca Tegano, quattro arresti e accuse pesanti

Reggio Calabria Cronaca

Omicidio premeditato, tentata estorsione, rapina e tentato omicidio aggravati - ad eccezione di quest'ultimo reato - dalla circostanza del metodo mafioso e dall’avere agevolato la ‘ndrangheta.

Queste le accuse contestate a quattro persone finite in arresto, all’alba di oggi, nel corso di un'operazione condotta dalla polizia di Reggio Calabria e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia locale.

Un blitz, quello di stamani, con cui gli investigatori avrebbero inferto un importante colpo alla cosca dei Tegano, clan attivo nel quartiere Archi del capoluogo dello Stretto. Gli agenti hanno anche eseguito diverse perquisizioni domiciliari.

LUCE SULL’OMICIDIO DI UN TABACCAIO

L’operazione, chiamata in codice “Giù la testa”, avrebbe fatto luce su un omicidio avvenuto nel 2017 nei pressi di Catona e di identificarne il presunto mandante ed esecutore.

Nel maggio di quell’anno un tabaccaio, Bruno Ielo, venne freddato mentre viaggiava a bordo del suo scooter sulla strada che conduce alla cittadina del reggino (QUI).

L’ipotesi degli inquirenti è che il commerciante sia stato assassinato su mandato di un esponente della ‘ndrangheta perché non si sarebbe piegato alla volontà della cosca, che avrebbe voluto chiudesse la sua tabaccheria a Gallipo, aperta da circa un anno, che avrebbe fatto concorrenza all'attività del presunto mandante dell’omicidio, ritenuto elemento di spicco dei Tegano.

Sempre secondo gli investigatori si sarebbe trattato dunque di un delitto che per efferatezza e platealità avrebbe dovuto servire per riaffermare il potere della cosca agli occhi della comunità locale e dare un messaggio “chiaro” a chiunque osasse metterne in discussione la potenza e il dominio sul territorio.

LE TELECAMERE “ALLEATE” DEGLI INVESTIGATORI

La squadra mobile ha dovuto svolgere un faticoso lavoro di acquisizione, estrapolazione, studio e analisi delle immagini immortalate da numerosi di impianti di videosorveglianza presenti nell’area in cui avvenne il fatto di sangue.

Tantissime ore di registrazione passate al setaccio ma che avrebbero consentito agli investigatori della sezione omicidi di ricostruire le fasi dinamiche dell’azione delittuosa e individuare i componenti del commando.

Si ritiene dunque che di quest’ultimo facessero parte due degli arrestati, Francesco Polimeni e Cosimo Scaramozzino, che avrebbero seguito Ielo con una Fiat Panda rossa, e che sarebbero stati in stretto raccordo operativo con il presunto killer, identificato in Francesco Mario Dattilo, che agiva a bordo di uno scooter, alternandosi ripetutamente nelle attività di pedinamento e di osservazione lungo la strada che la vittima stava percorrendo per ritornare a casa al termine della giornata di lavoro.

LA RAPINA PER INTIMIDIRE IL "CONCORRENTE"

L’analisi degli eventi relativi all’omicidio ha portato poi gli uomini della Sezione Omicidi e i colleghi di quella al Contrasto al Crimine Diffuso, di fare luce anche su una rapina avvenuta l’8 novembre del 2016, nel corso della quale lo stesso Bruno Ieolo venne gravemente ferito al volto con un colpo di pistola che sarebbe stato esploso da uno di due malviventi che avevano fatto irruzione all’interno della sua tabaccheria a Gallico (QUI).

La rapina si ritiene sia stata organizzata, a scopo intimidatorio, da Francesco Polimeni e eseguita da Francesco Mario Dattilo e Giuseppe Antonio Ciaramita che, autonomamente, avrebbe sparato in faccia alla vittima per avergli opposto resistenza.

In pratica l’azione sarebbe stata finalizzata a costringere il tabaccaio a chiudere l’attività commerciale per consentire a Polimeni - gestore anch’egli di una vicina tabaccheria - di accaparrarsi i guadagni derivanti dall’acquisizione della clientela della vittima.

Gli investigatori hanno studiato le abitudini degli indagati, monitorato le loro condotte, analizzato le peculiari fattezze fisiche e il modus operandi particolarmente irruento, e si dicono certi così di essere riusciti ad individuare elementi in comune alla rapina e all’omicidio, uno dei quali rilevato con delle avanzate tecnologie di polizia scientifica che consentirebbero di dimostrare come l’arma abbandonata Dattilo sulla scena del crimine, la sera dell’omicidio, fosse dello stesso modello di quella impugnata sempre da lui durante la rapina del novembre 2016, ovvero una Beretta 70, calibro 7.65, tanto da far ritenere che per commettere l’omicidio di Ielo, sempre Dattilo abbia utilizzato, "con elevata probabilità", la stessa arma.

[>] QUI TUTTI I PARTICOLARI