“Eyphemos”. Terremoto in Comune: in manette Sindaco, vice e Presidente del Consiglio

Reggio Calabria Cronaca
Domenico Creazzo

L’operazione Eyphemos che ha decimato la locale di ‘ndrangheta di Sant’Eufemia d’Aspromonte (QUI) getta un’ombra anche sulla politica: tra i 65 arrestati nell’imponente blitz della Dda figurano difatti ed anche cinque rappresentanti politici della cittadina reggina, ovvero il Sindaco, il Vice Sindaco, il Presidente del Consiglio Comunale ed un Consigliere comunale di minoranza, oltre che il Responsabile dell’Ufficio Tecnico dell’ente.

Secondo gli investigatori, insomma, la ‘ndrangheta, con la sua pervasività, sarebbe riuscita a collocare propri membri ai vertici del governo, dell’assemblea elettiva e all’interno degli apparati dell’amministrazione comunale di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Con il ruolo di capo, promotore ed organizzatore dell’associazione mafiosa è finito in carcere Vice Sindaco, Cosimo Idà, che sempre secondo gli inquirenti sarebbe stato l’artefice di diverse affiliazioni che avrebbero determinato un forte attrito con le altre componenti del locale eufemiese, alterando gli equilibri nei rapporti di forza tra le varie fazioni interne allo stesso.

La partecipazione all’associazione mafiosa viene contestata invece al Presidente del Consiglio Comunale Angelo Alati (anch’egli oggi in carcere) e considerato come “mastro di giornata” della cosca; ed al Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune, Domenico Luppino, ritenuto il referente della cosca in relazione agli appalti pubblici; e ad Domenico Forgione, detto “Dominique”, consigliere di minoranza che avrebbe avuto il compito di monitorare gli appalti dell’ente così da consentire l’infiltrazione da parte delle imprese riconducibili alla cosca eufemiese.

Quanto al Sindaco e appena eletto Consigliere Regionale in quota Fratelli d'Italia, Domenico Creazzo, che è stato posto ai domiciliari, gli si contesta l’accusa di scambio elettorale politico mafioso.

Per la Dda avrebbe “coltivato” e “realizzato” il progetto di candidarsi e vincere le elezioni regionali del gennaio scorso e a questo scopo si sarebbe rivolto alla ‘ndrangheta, in particolare a Domenico Laurendi, dapprima attraverso il fratello Antonino Creazzo in grado di procacciare voti, in cambio di favori e utilità, e grazie alle sue presunte “aderenze con figure di vertice degli Alvaro; e poi direttamente, così da sbaragliare gli avversari politici.

IL BAZOOKA E LA FABRICAZIONE DEGLI ESPLOSIVI

L’inchiesta, inoltre, dimostrerebbe come l’ala militare del gruppo eufemiese disponesse di numerose armi (tra pistole e fucili), anche ad elevato potenziale offensivo, in parte sequestrate nel corso delle indagini, e finanche di un bazooka, a cui gli indagati avrebbero fatto riferimento proprio durante dei dialoghi intercettati dalla Polizia.

Ad essi sarebbe stata commissionata anche la fabbricazione di un ordigno esplosivo da parte di alcuni esponenti del clan Gallico di Palmi le cui intenzioni sarebbero state quelle di utilizzarlo per distruggere o danneggiare gravemente l’abitazione storica della famiglia, confiscata e destinata ad ospitare la nuova sede del Commissariato di Pubblica Sicurezza del luogo.

I BOSS E CAPI STORICI NELLE MAGLIE DEGLI INQUIRENTI

Come accennavamo, dunque, la Dda ha fatto scattare le manette per gli elementi ritenuti di vertice degli Alvaro, tra cui anche i boss storici, personaggi di spicco, luogotenenti così come per le nuove leve.

Fra questi figurano il presunto boss Cosimo Alvaro, detto Pelliccia, a cui il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere perché detenuto per altra causa; Domenico Alvaro, detto Micu, classe 1977; Salvatore Alvaro, detto Turi Pajeco, classe 1965; Francesco Cannizzaro, alias Cannedda, classe 1930 (noto in quanto partecipò allo storico summit di Montalto del 1969); Cosimo Cannizzaro, detto “spagnoletta”, classe 1944; Domenico Laurendi, alias “Rocchellina”, imprenditore considerato elemento di primissimo piano della ‘ndrangheta eufemiese.

Le indagini sono state condotte con l’irrinunciabile ricorso alle intercettazioni grazie alle quali è stato possibile individuare delle gravi vicende criminali che hanno determinato il graduale potenziamento della locale eufemiese e quindi degli Alvaro.

Gli stessi investigatori sostengono infatti che oggi, ques’ultimi, siano “una potente cosca della ‘ndrangheta unitaria, operante nella provincia di Reggio Calabria, in altre regioni dell’Italia e all’estero, che trova la sua forza anche nei legami con altre potenti cosche e nei solidi rapporti di alleanza con altre famiglie ‘ndranghetistiche”.

IL RICORSO SISTEMATICO ALLE ESTORSIONI

L’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia farebbe luce sui diversificati interessi della cosca di Sant’Eufemia d’Aspromonte, svelando un accentuato dinamismo nel ricorso sistematico ad attività estorsive nei confronti di operatori economici e titolari di imprese.

Estorsioni per alcune decine di migliaia di euro imposte, con minacce anche ambientali, agli imprenditori durante l’esecuzione di lavori pubblici nel comune di Sant’Eufemia, ad esempio per il rifacimento di edifici, il risanamento del dissesto idrogeologico, il risparmio energetico degli impianti di pubblica illuminazione ed il completamento di strade. Ma anche in centri vicini, come per la ristrutturazione di un edificio scolastico di San Procopio.

Ad alcuni titolari delle imprese impegnate nell’esecuzione dei suddetti lavori veniva imposta, con la forza dell’intimidazione derivante dall’appartenenza alla cosca, l’assunzione di maestranze di ditte considerate ad essa riconducibili. Il clan, poi, gestiva anche un lucroso giro di stupefacenti: infatti, diversi affiliati sono stati arrestati con l’accusa, a vario titolo, di cessione, acquisto, coltivazione, tentata importazione, offerta in vendita di droga, prevalentemente cocaina e marijuana.