Luce sul duplice omicidio di Torcasio e Matarasso, in carcere mandanti ed esecutori
Hanno un volto i presunti mandati ed esecutori del duplice omicidio di Giovanni Torcasio e Cristian Matarasso, uccisi a Lamezia Terme il 29 settembre del 2000.
Gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Catanzaro, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo, con l’Aggiunto Vincenzo Capomolla e il Procuratore Nicola Gratteri, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip, nei confronti di Antonio Davoli, 54enne; Pietro Iannazzo, 45enne; Vincenzino Iannazzo, 66enne; e Domenico Cannizzaro, 54enne.
Tutti e quatto sono gravemente indiziati del concorso, a vario titolo, nel duplice omicidio di Torcasio (allora 56enne) e Matarasso (all’epoca 42enne) rimaste vittime di un agguato mafioso.
I destinatari del provvedimento, ritenuti esponenti delle cosche federate della ‘ndrangheta lametina, Iannazzo-Cannizzaro-Da Ponte, sono già detenuti, alcuni anche al 41 bis, a seguito delle condanne nel processo scaturito dall’operazione “Andromeda” (QUI) che ha riguardato lo stesso clan di ‘ndrangheta.
Gli investigatori – nell’ambito dell’operazione chiamata in codice “Resa dei Conti” - hanno ricostruito l’organizzazione e l’esecuzione del duplice delitto anche grazie alle dichiarazioni di diversi collaboratori di Giustizia, uno dei quali indagato per lo stesso reato, che avrebbero trovato riscontro negli accertamenti condotti dalla Mobile catanzarese.
Da qui emergerebbe il ruolo di Vincenzino Iannazzo e di Domenico Cannizzaro, considerati al vertice delle rispettive famiglie, e ritenuti i mandanti, e quello di Antonio Davoli e Pietro Iannazzo come presunti esecutori materiali.
L’agguato si consumò al termine di un lungo inseguimento iniziato nel centro di Lamezia Terme e concluso, dopo circa 3 chilometri, nei pressi del bivio Carrà Cosentino, quando i killer, (si ritiene appunto Davoli e Iannazzo), alla guida di una moto di grossa cilindrata rubata, raggiunsero le vittime e gli esplosero contro numerosi colpi di pistola.
Matarasso morì all’istante, mentre Torcasio, che tentò anche una disperata fuga, spirò durante il trasporto in ospedale.
Secondo gli inquirenti il movente risiederebbe nella volontà delle cosche confederate Iannazzo e Cannizzaro-Daponte di vendicare gli omicidi di Francesco Iannazzo, 69enne, e Giuseppe Cannizzaro, 82enne, e al tempo stesso di prevenire altri omicidi ai loro danni. All’epoca dei fatti Torcasio sarebbe stato impegnato nel tentativo di rinforzarsi attraverso la ricerca di nuovi alleati.