L’imprenditore “intoccabile” e le aziende al riparo per non farsele sequestrare: sette arresti

Catanzaro Cronaca

Un sistema di società intestate a terzi, ma che in realtà sarebbero state gestite e controllate sempre dagli stessi imprenditori, così da sottrarre il loro patrimonio aziendale ad eventuali e prevedibili misure di prevenzione antimafia.

Al centro la famiglia catanzarese dei Lobello, in particolare Antonio, Giuseppe e Daniele Lobello, a carico dei quali gli inquirenti ritengono di aver accertato un “grave quadro indiziario”.

Agli stessi si contestano infatti diverse presunte intestazioni fittizie di beni, realizzate appunto con il “sistema” di cui accennavamo all’inizio.

La tesi è difatti che gli imprenditori avessero un “concreto timore che le società del gruppo potessero finire sotto sequestro, essendo emersi, più volte, e a livello giudiziario, i loro rapporti con cosche ‘ndranghetiste, tanto che alcune delle aziende erano state già attinte da delle interdittive antimafia emesse dalla Prefettura di Catanzaro, in particolare la Cal.Bi.In., la Cantieri Edili-Iniziativa 83 e la Strade Sud.

Questo almeno quanto appurato dagli investigatori del Gico della Guardia di Finanza che, diretti dalla Dda di Catanzaro e su ordine del Gip del capoluogo, questa mattina hanno fatto scattare l’operazione denominata “Coccodrillo”, che ha portato all’arresto di sette persone.

Una di queste è finita in carcere, sei invece quelle messe ai domiciliari, mentre sono stati interdetti dall’attività di ragionieri, consulenti e commercialisti, altri tre indagati, altrettanti ragionieri del gruppo Lobello accusati di favoreggiamento (QUI TUTTI I NOMI).

I reati contestati, a vario titolo, sono di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio, favoreggiamento reale ed estorsione.

Nell’ambito dell’inchiesta sono stati poi sequestrati beni per un valore stimato di oltre 50 milioni di euro. Si tratta di società di ritenute di fatto riconducibili ai Lobello, e considerate come oggetto delle intestazioni fittizie: la Strade Sud, la Trivellazioni Speciali, la Consorzio Stabile Zeus, la Consorzio Stabile Genesi, tutte operanti nel comparto dell’edilizia pubblica e privata e aggiudicatarie di numerosi appalti pubblici; oltre ad un’azienda di ristorazione, la Marina Café.

I RAPPORTI CON LA 'NDRANGHETA

Le investigazioni, che si sono avvalse anche di diverse dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia oltre che degli esiti delle intercettazioni, evidenzierebbero, un presunto legame mantenuto nel tempo dalla famiglia Lobello con il clan Mazzagatti di Oppido Mamertina, un rapporto con la cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto e altre cosche del crotonese, tra cui quella riconducibile a Nicolino Grande Aracri.

In particolare a Giuseppe Lobello viene contestato di avere svolto per gli Arena la funzione di collettore delle estorsioni imposte nei cantieri edili del catanzarese.

Una “opera di intermediazione” e di “stretto legame” con gli esponenti degli Arena e con altre consorterie della fascia ionica-catanzarese, che secondo gli investigatori avrebbe garantito alle imprese del Gruppo Lobello una posizione dominante nell’esecuzione di lavori edili e forniture di calcestruzzo su Catanzaro e provincia, oltre alla protezione da interferenze estorsive di altri gruppi criminali: insomma come imprenditore “intoccabile”.

Sempre Giuseppe Lobello, che oggi è finito in carcere, dovrà rispondere per ciò anche del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, oltre ai reati contestati agli altri suoi familiari.

Sono stati disposti, infatti, gli arresti domiciliari per Antonio e Daniele Lobello, rispettivamente padre e fratello di Giuseppe, accusati di trasferimento fraudolento di valori e di autoriciclaggio; la stessa misura cautelare è stata disposta nei confronti di quattro persone, tra dipendenti del Gruppo Lobello e presunti intestatari fittizi delle società.

Dalle indagini emergerebbe anche un episodio di estorsione nei confronti di un lavoratore dipendente costretto ad auto licenziarsi contro la sua volontà da una società intestata a un prestanome, per delle incomprensioni sorte sul luogo di lavoro con i familiari di Giuseppe Lobello.

È stata disposta infine l’interdittiva del divieto temporaneo di esercitare, per la durata di un anno, le attività di ragionieri, consulenti e commercialisti, nei confronti di tre ragionieri del Gruppo Lobello, per il reato di favoreggiamento.