L’esplosione di una bomba entra nel processo Rinascita, il pentito Mancuso: “rischiata strage”
Una strage sfiorata a pochi giorni dal Natale. È questo ciò che viene raccontato dal pentito Emanuele Mancuso, rispondendo a una domanda del pm Annamaria Frustaci sugli interventi del boss Luigi Mancuso in favore di famiglie di ‘ndrangheta di Reggio Calabria.
Nei suoi racconti, il giovane collaboratore di giustizia ha fatto un salto indietro di quasi quattro anni ed ha portato al centro del maxi processo “Rinascita Scott” l’esplosione di una bomba, avvenuta nella notte del 17 dicembre 2017, intorno alle 3.30, all’interno del negozio “Splendidi e Splendenti” di Nicotera. L’attività commerciale sarebbe dovuta essere inaugurata il giorno successivo e, sin dalle prime notizie, era chiara l’intenzione dolosa del gesto.
Mancuso racconta: “C’era un imprenditore, nel 2017, che stava facendo il negozio ‘Splendidi e Splendenti’ a Nicotera, dove c’era la banca Carime. Viene Totò Pronestì detto ‘Yo yo’, alle dipendenze di zio Luigi Mancuso, e mi dice ‘ha detto tuo zio che il negozio non deve proprio aprire’ e io gli dico ‘c’è tutta quella roba dentro, la devo per forza accendere? Non me la posso prendere?’”. Il giovane pentito prosegue il racconto dicendo che la risposta fu chiara: “Non mi importa cosa fai ma il negozio non deve aprire“, e questo perché “a Nicotera senza il consenso di zio Luigi non si può aprire, e inoltre non pagava più la famiglia Pesce, per il negozio che aveva a Rosarno”.
Un “comando” prontamente eseguito dal rampollo dei Mancuso che rivela: “Ci sono andato la sera stessa, trasportavamo sacchi e sacchi di roba”. Dovevano poi dargli fuoco, ma “mi rendo conto – continua Emanuele Mancuso – che c’è troppa benzina e rischiavamo di fare una strage, perché sopra abitavano delle persone”.
Allora “abbiamo messo una bomba che faceva solo lo scoppio, il locale ha preso fuoco e la roba è finita tutta fuori“. Precisando, inoltre, che si erano premuniti di far distruggere “tutte le telecamere della via”.
Diversi poi i casi, raccontati da Emanuele Mancuso, in cui Luigi Mancuso è stato interessato di vicende riguardanti famiglie di Reggio Calabria.
Ad esempio “era successo con una famiglia di Laureana di Borrello, i Ferrentino“: “I Piccolo avevano un debito con loro per l’acquisto di sostanze stupefacenti, ma continuavano a rimandare il pagamento. Allora vanno nell’abitazione dei Piccolo che, però, escono armati fino ai denti e li consumano a colpi d’arma da fuoco, tanto che uno dei Ferrentino perde una gamba“. Anche di quella vicenda, precisa Emanuele Mancuso, “viene investito zio Luigi“.