Mottarone. Impianto manomesso per non bloccare la funivia: tre arresti
Omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime.
Sono queste le ipotesi di reato che hanno portato all’arresto di tre persone per la tragedia del Mottarone in cui hanno perso due giovani di Diamante e altre dodici persone, tra cui due bambini (QUI).
In seguito all’analisi della cabina precipitata e agli interrogatori, il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, che con il pm Laura Carrera coordinano le indagini dei carabinieri, hanno disposto l’arresto per Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl; e per il direttore e il capo operativo del servizio.
LA SVOLTA -che ha portato agli arresti è arrivata quasi all’alba dopo una lunga notte fatta di oltre dodici ore di interrogatori a dipendenti e tecnici dell’impianto, convocati ieri pomeriggio nella caserma dei Carabinieri di Stresa.
Rilevanti sarebbero state le foto del relitto della cabina scattate il giorno stesso dell’incidente da Vigili del fuoco e dal Soccorso alpino, immagini che metterebbero in evidenza la presenza della “forchetta” in uno dei freni della funivia.
Secondo l'accusa, il meccanismo di emergenza sarebbe stato “manomesso per evitare di interrompere il servizio” in una giornata che lasciava presagire un buon afflusso di turisti.
Per gli inquirenti, la “forchetta”, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura di quello trainane, “non è stato rimosso consapevolmente”.
La funivia era tornata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, e secondo il procuratore Olimpia Bossi “era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi”.
Sempre secondo quanto rivela il Procuratore, erano stati “richiesti ed effettuati due interventi tecnici” questi però “non erano stati risolutivi” e la manomissione sarebbe avvenuta “nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo”.
Le indagini intanto proseguono e la Procura di Verbania sta valutando la posizione di altre persone.