‘Ndrangheta, arrestato in Spagna “il boss dei boss” Paviglianiti
Si trovava a Madrid il latitante Domenico Paviglianiti, 60 anni, chiamato “il boss dei boss”, e destinatario di un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti per 11 anni, 8 mesi e 15 giorni di reclusione, emesso il 21 gennaio scorso dalla Procura di Bologna.
L’uomo è stato arrestato nella capitale spagnola lo scorso 3 agosto dagli agenti della Polizia locale, la Udyco Central, e dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Bologna, coordinati dal procuratore Giuseppe Amato e dai pm Roberto Ceroni e Michele Martorelli, in collaborazione con Eurojust (Filippo Spiezia) e in raccordo con il Servizio di cooperazione internazionale di polizia.
Al 60enne i carabinieri sono arrivati seguendo le tracce di alcuni familiari, mentre nei mesi scorsi, con la collaborazione degli agenti spagnoli hanno avviato appostamenti per individuare l’uomo.
Quando Paviglianiti è stato arrestato è stato trovato con sei cellulari nel borsello, documenti falsi con identità portoghese e 6mila euro in contanti.
I reati di cui Paviglianiti è accusato sono l’associazione mafiosa, l’omicidio e l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Mentre i carabinieri di Bologna e gli agenti di polizia spagnoli hanno avviato le indagini per identificare le persone che avrebbero agevolato la latitanza, da ottobre 2019.
Gli investigatori stanno inoltre indagando le relazioni di Paviglianiti, così da verificare se avesse ripreso la sua attività di broker della droga.
Il 60enne era stato rimesso in libertà nell’ottobre del 2019 sulla base di un erroneo calcolo della pena, aveva quindi lasciato l'Italia per poi rifugiarsi in Spagna (QUI).
L’indagine è stata avviata a seguito del nuovo provvedimento emesso dalla procura emiliana, dopo un ricorso in Cassazione che ha rilevato il calcolo sbagliato che aveva rimesso in libertà il boss.
Paviglianiti è ritenuto dai magistrati elemento di spicco della criminalità organizzata a San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri, con ramificazioni in Lombardia e nel Sud America per la gestione del traffico internazionale di droga.
Inoltre, era già stato condannato all’ergastolo - pena in seguito sostituita con la reclusione per 30 anni - per una serie di omicidi, associazione mafiosa e reati di droga, commessi a partire dagli anni ’80.
Inoltre si ritiene abbia avuto un ruolo importante nella seconda guerra di mafia, quando insieme ad altre famiglie di ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria avrebbe appoggiato la cosca De Stefano nella faida con i Condello.
(ultimo aggiornamento 12:13)