Sentenze aggiustate a Reggio, Veneto: “Condanna frutto di fantasie”
Si dice “sdegnato” Armando Veneto, ex deputato e parlamentare europeo e avvocato. A qualche ora dalla notizia della condanna per presunte sentenze aggiustate a Reggio Calabria (QUI), il legale ha voluto commentare la condanna emessa dal gup distrettuale di Catanzaro (LEGGI).
“Oggi un giudice di Catanzaro mi ha condannato, per corruzione in atti giudiziari ed altro, a sei anni di reclusione. Sono sdegnato perché si dovrà pescare nell'ampio bacino delle fantasie per motivare una simile sentenza".
Ha dichiarato di essere “assolutamente estraneo alla vicenda come peraltro aveva accertato la magistratura di Catanzaro sin dal 2014. Per la corruzione sono stati già condannati in primo grado coloro che ne sono stati ritenuti responsabili. Per quanto mi riguarda, sono stato tirato in ballo da una personale interpretazione di un 'labiale', come è stato accertato dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, che ha corretto l'errore iniziale. Infine, è certo che l'accordo corruttivo era intervenuto prima ancora della mia nomina a difensore”.
Per Veneto “c’era più del necessario per pretendere che mi si chiedesse scusa per l'inattesa notifica di indagini concluse a mio carico che la magistratura di Catanzaro mi aveva fatto comunicare nel maggio del 2020, senza neppure farla precedere da un'indagine nuova rispetto a quella del 2014 e senza neppure acquisire gli atti del processo che aveva portato alla condanna di quelli che sarebbero stati condannati per la corruzione".
Ha quindi annunciato di voler ricorrere in Appello perché afferma di essere “curioso di sapere chi ha ragione tra la magistratura di Catanzaro edizione 2014 e quella odierna. Un chiarimento che riguarda non solo la mia persona, ma anche quella di ciascuno dei sudditi di questo lembo d'Italia”.
Sulla vicenda sono inoltre intervenuti i legali di Veneto, Clara Veneto e Giuseppe Milicia, per i quali “la condanna di un innocente è l'esperienza più amara che può vivere un difensore. Capita spesso che l'innocenza di cui sei certo non possa essere adeguatamente rappresentata attraverso le prove presenti nel processo. Non è il caso, però, della condanna inflitta all'avvocato Armando Veneto a fronte di prove evidenti della sua innocenza".
Per gli avvocati la scelta del processo con rito abbreviato “è dipesa solo ed esclusivamente dalla presenza nel fascicolo di evidenze schiaccianti. Evidenze che avevano persuaso prima la Procura della Repubblica di Catanzaro, quando aveva archiviato il fascicolo nel 2011, e poi la Squadra mobile di Reggio Calabria dopo la riapertura delle indagini. Indagini che avevano consentito di inquadrare, senza ombra di dubbio, la dinamica dei fatti delittuosi e la totale estraneità dell'avvocato Veneto. Le stesse evidenze, inoltre, avevano persuaso anche la Procura di Catanzaro, che aveva riconosciuto e spiegato la dinamica dell'errore commesso quando si era dubitato di un possibile ruolo nella vicenda dell'avvocato Veneto”.
“Lo aveva ribadito il Pubblico ministero del processo celebrato nel 2015 nei confronti delle persone ritenute responsabili, chiarendo che quell'errore aveva comportato il rischio di favorire i veri colpevoli. Tutto ciò è perfettamente comprensibile. Lo abbiamo compreso e abbiamo compreso la doverosa presa di posizione della Procura della Repubblica nel 2014, che aveva manifestato rammarico per il fatto che la figura di un professionista stimato come l'avvocato Veneto fosse stata associata a vicende criminali. Ciò che invece non abbiamo compreso, e che il giudice non sarà in grado di spiegare con la sentenza, è il radicale capovolgimento di prospettiva dei pubblici misteri che si sono cimentati nel 2020, riesumando un fascicolo che era destinato all'archivio proprio in relazione alla posizione dell'avvocato Veneto".
"Il divario tra il verdetto del gup di Catanzaro e le cose ragionevoli e sensate - scrivono ancora Veneto e Milicia - è così macroscopico da indurci ad abbandonare il riserbo da noi solitamente osservato. Comprendiamo perfettamente che nella nostra terra la repressione penale venga attuata, da una certa magistratura militante, secondo la filosofia 'colpiscine uno per educarne 100'. Ma é inaccettabile giungere all'estremo di colpirne uno a caso, ma non per caso, perché Armando Veneto rappresenta molto di più del dramma individuale dell'innocente condannato".