Tecniche paramilitari e un arsenale a disposizione: così la banda dell’assalto imperversava nel reggino

Reggio Calabria Cronaca

Parlano di modalità paramilitari e di una attenta e meticolosa pianificazione i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, che questa mattina hanno notificato sette arresti ad altrettanti soggetti coinvolti nell’Operazione Terramala, che ha fatto definitivamente luce su due distinte rapine avvenute nella provincia dello Stretto (LEGGI).

Secondo la Procura di Palmi, diretta da Emanuele Crescenti, non ci sono dubbi: si tratterebbe di una banda criminale fortemente radicata sul territorio, in particolare tra San Procopio, Seminara e Sinopoli, e dedita in particolar modo alle rapine ed agli assalti.

Attività portate avanti soprattutto nella provincia, dove il gruppo avrebbe messo a segno almeno due colpi: uno ad un ufficio postale e l’altro ad un portavalori.

AUTO RUBATE E KALASHNIKOV

Proprio l’assalto al furgone blindato della SicurTransport - avvenuto nel 2019 in un tratto di strada che collega i comuni di Melicuccà e San Procopio (QUI) - ha messo in luce le abilità del gruppo, ma per lo più l'ampia disponibilità di armi e munizioni.

Come si ricorderà, per l’operazione il sodalizio aveva bloccato la strada con degli alberi, e poi atteso l’arrivo del mezzo a bordo di due auto rubate.

Al suo arrivo il furgone blindato fu subito raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco - sia armi comuni che da guerra, tra cui diversi AK-47 - e venne così fermato. I malviventi riuscirono a sottrarre 627 mila euro in contanti ed una delle pistole in dotazione alle guardie giurate.

“Una spregiudicata abilità criminale”, la definiscono gli inquirenti, avallata da condotte particolarmente violente, che ha contraddistinto anche un secondo tentativo di rapina, questa volta ai danni di un ufficio postale nella frazione di Rosalì, a Reggio Calabria (QUI): colpo che però ha permesso di identificare una parte del gruppo (QUI), e che ha portato, oggi, all’operazione.

Nell'ottobre del 2019, infatti, i Carabinieri riuscirono ad identificare ed arrestare una parte della banda (QUI), già circoscritta ai soli sette indagati odierni.

Il presunto “capo” dell'organizzazione era riuscito a sfuggire, in un primo momento, alle manette: una fuga durata pochi mesi e conclusasi nel dicembre del 2019.

Sono accusati, a vario titolo, di lesioni personali aggravate, danneggiamento, furto, ricettazione, rapina e vari reati in materia di armi ed esplosivi.

NEL NASCONDIGLIO ARMI E DROGA

Tra il 2019 ed il 2021 i militari hanno svolto diverse attività di indagine, scoprendo in particolar modo la disponibilità di armi e munizioni del gruppo.

In particolare, nel corso di un controllo in località Terramala di Seminara - da cui prende il nome l'operazione - erano stati scoperti vari tipi di armi da fuoco, tra cui un fucile calibro 12 e la pistola di ordinanza rubata alla guardia giurata, ma anche numerose munizioni di vario calibro, una cartuccera da caccia, e pure sostanze stupefacenti (2 chili di marijuana) e mezzi rubati, sia autovetture che macchinari agricoli che si presume servissero per compiere le rapine.

Sono emersi inoltre formule e riti riconducibili all’affiliazione ‘ndranghetista, trovati in possesso degli indagati, come “pizzini” relativi a somme di denaro per un totale di circa 90mila, ritenuti una quota capite della spartizione del bottino.

Ulteriori accertamenti di natura patrimoniale avevano evidenziato, tra l'altro, una sproporzionata disponibilità economica rispetto ai redditi dichiarati dai soggetti coinvolti.

GLI INDAGATI

Degli arrestati quattro sono finiti in carcere, si tratta di Francesco Trefiletti, 31enne di San Procopio; Giuseppe Oliveri 32enne di Seminara; Carmine Alvaro, 37enne di San Procopio; Domenico Alvaro, 34enne di San Procopio.

Sono stati invece sottoposti ai domiciliari tre degli indagati: Mostafà Giuseppe El Gharaff, 27enne di Seminara; Domenico Laurito, 50enne di Sinopoli; e Benito Tavella, 35enne di San Giovanni di Mileto.