Frode sui carburanti, anche la ‘ndrangheta faceva il pieno. Maxi sequestro a tre imprenditori
Un maxi sequestro è scattato stamani in Piemonte, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Calabria ma anche all’estero, in Germania, dove le fiamme gialle stanno apponendo i sigilli a beni per un valore stimato in oltre 80 milioni di euro e ritenuti riconducibili a tre imprenditori reggini che operano prevalentemente nel settore del commercio dei prodotti petroliferi.
La loro presunta “figura criminale” sarebbe emersa nell’ambito del filone reggino della vasta inchiesta “Petrolmafie Spa” (QUI), ovvero nell’operazione denominata “Andrea Doria” (QU), che secondo gli inquirenti avrebbe fatto luce sull’infiltrazione della ‘ndrangheta nell’economia legale: allora, nell’aprile del 2021, 23 persone furono sottoposte a provvedimenti cautelari personali, tra cui i tre imprenditori di oggi, e furono anche qui sequestrati beni reali per oltre 620 milioni di euro.
L'EVASIONE DI IVA E ACCISE
L’operazione avrebbe disvelato un articolato sistema di frode fiscale, realizzata nel settore del commercio di prodotti petroliferi, imperniata su delle triangolazioni societarie considerate fittizie che avrebbero avuto lo scopo di evadere l’Iva e le accise, oltre che sull’impiego di false dichiarazioni di intento, strumento che consente di acquistare in regime di non imponibilità.
La tesi degli investigatori e che l’associazione abbia gestito l’intera filiera della distribuzione del carburante dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo tra queste due estremità della catena una serie di operatori economici - delle cosiddette imprese “cartiera” che si sarebbero occupate del commercio del prodotto, di depositi commerciali e brokers locali - con lo scopo di evadere le imposte in modo sistematico.
LE AZIENDE CARTIERE
Le aziende “cartiere” avrebbero asserito di possedere tutti i requisiti richiesti per poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, acquistando il prodotto petrolifero senza l'applicazione dell’Iva.
Il prodotto, poi, con dei meri passaggi “cartolari” tra le società coinvolte, sarebbe stato ceduto a prezzi concorrenziali a clienti individuati, favoriti evidentemente rispetto agli onesti concorrenti.
Da ultimo, poi, il sistema di ripulitura degli incassi sarebbe avvenuto anche per il tramite di famiglie di ‘ndrangheta portatrici di interessi nel settore della distribuzione dei carburanti.
I BENI CAUTELATI
Su questi elementi la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ha delegato il Gico a svolgere un’indagine a carattere economico-patrimoniale nei confronti dei tre imprenditori che anche sulla base di quanto acquisito dalle precedenti indagini, ha consentito di rilevare i beni nella loro disponibilità ed il cui valore è stato ritenuto sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.
La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo dello Stretto ha così disposto il sequestro di venti imprese, tre delle quali con la sede in Germania, attive prevalentemente nei settori del trasporto merci su strada, del commercio di prodotti petroliferi e del trattamento e smaltimento di rifiuti non pericolosi; di cinquanta terreni e dieci fabbricati, ottantasei tra automezzi ed autoveicoli, anche di lusso; di oltre un milione di euro in denaro contante; ed altre disponibilità finanziarie.
L'INCHIESTA
L’attività è stata condotta dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il supporto operativo dello Scico e sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia locale, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri.