Per la Dda è imprenditore mafioso: confiscati coop, terreni e immobili per 7 milioni
Un patrimonio del valore stimato in circa sette milioni di euro è stato confiscato ad un imprenditore di Rosarno, Giuseppe Iannace (75 anni), ritenuto vicino alla nota cosca di ‘ndrangheta che fa capo alla famiglia locale dei Pesce.
La misura – eseguita insieme da Carabinieri e Guardia di Finanza col coordinamento della Dda reggina - ha colpito in particolare una cooperativa agricola formalmente intestata ad un presunto prestanome; due terreni e un immobile ad uso commerciale-industriale; quattro fabbricati tra Rosarno e Tropea; un’autovettura; e tutti i rapporti bancari, finanziari e relative disponibilità.
La figura dell’imprenditore, ritenuto un esponente di spicco dello stesso clan rosarnese ed inserito nel tessuto criminale locale da oltre un trentennio, è emersa, da ultimo, nelle operazioni “Handover-Pecunia Olet” (QUI) e “Faust” (QUI).
In quest’ambito l’imprenditore avrebbe ideato e attuato un sistema di intestazioni fittizie per schermare la sua posizione di reale dominus dei beni che si sospetta siano stati accumulati illecitamente e, contemporaneamente, evitare l’applicazione di provvedimenti ablativi a carattere patrimoniale, dei quali già in passato era stato destinatario.
Il tutto sarebbe stato possibile anche grazie al supporto di un commercialista che mettendo a disposizione dell’organizzazione criminale le sue competenze in materia contabile, societaria e fiscale, avrebbe curato gli aspetti tecnici di questo presunto “sistema”.
L’operazione “Faust”, invece, risale al gennaio 2021 (QUI), ed avrebbe permesso di scoprire l’operatività della cosca Pisano, attiva sempre a Rosarno, l’articolazione territoriale di ‘ndrangheta nota come la “società di Polistena” e la locale di ndrangheta di Anoia.
Allora si fece luce anche su una fiorente attività di narcotraffico che, dal porto di Gioia Tauro, si dipanava attraverso clan federati in Campania, Puglia, Basilicata e Lombardia, ed il cui denaro sarebbe stato poi reimpiegato in attività usurarie con la commissione di diversi episodi di minacce e danneggiamenti subiti da commercianti a scopo estorsivo. Inoltre la cosca Pisano avrebbe appoggiato elettoralmente alcuni politici locali.
Per tutto ciò l’imprenditore è stato rinviato a giudizio per i reati di associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori aggravato dalla finalità di agevolazione mafiosa.
In relazione a queste risultanze la Direzione Distrettuale Antimafia ha delegato al Gico un’apposita indagine a economico-patrimoniale.
Una volta documentata la presunta pericolosità sociale del soggetto, le attività delle fiamme gialle hanno portato a ricostruire il patrimonio direttamente ed indirettamente nella disponibilità dell’uomo, ed il cui valore è stato ritenuto “decisamente sproporzionato” rispetto alla capacità reddituale manifestata.
Su queste basi, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha prima disposto il sequestro del patrimonio riferibile all’imprenditore (QUI), e successivamente, sulla base delle indagini del Nucleo Pef ha disposto quindi la confisca.