Domani giornata mondiale dell’Alzheimer, iniziative a Catanzaro

Catanzaro Attualità

La demenza ci misura con il diverso che c’è in ognuno di noi e che vediamo rispecchiato nell’altro ma che non possiamo e non dobbiamo considerare solo spaventoso, Le demenza ci sfida ad uscire dai confini dell’abituale, dalla consuetudine, dai confini, dalla routine e ci stimola ad inventare soluzioni relazionali, operative, pratiche, d’ambiente a misura della quotidianità rivoluzionaria del malato. Per tale ragione il 21 settembre giornata mondiale dedicata all’Alzheimer saranno due le iniziative che la Ra.Gi. Onlus svolgerà in città. Dalle 9 del mattino uno stand verrà allestito in Piazza Prefettura in collaborazione con la Federazione Italiana Alzheimer dove gli operatori dell’Associazione incontreranno i cittadini cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica su di una malattia che rappresenta la più comune causa di demenza e principalmente per informare della presenza in città dello Spazio Alzheimer e demenze neurodegenerative che verrà inaugurato nel pomeriggio alle ore 17,00 e che rappresenta una miglioria del progetto “Soli Mai più” finanziato dal Ministero dell’Interno per tramite della Prefettura di Catanzaro all’assessorato comunale alle Politiche sociali e gestito dalla Ra.Gi. Onlus. A tagliare il nastro augurale sarà il presidente della Provincia Wanda Ferro. Saranno presenti l’assessore alle Politiche Sociali Fulvio Scarpino, il vicesindaco Maria Grazie Caporale ed altre autorità. La struttura sarà benedetta da don Dino Piraino parroco in S. Maria Assunta in Gagliano. Lo Spazio Alzheimer è un luogo senza muri divisori dove i pazienti con Alzheimer e sindromi ad essa correlate, si incontrano, chiacchierano, vanno a scuola di musica e di lingua inglese, giocano, inventano fiabe e ritrovano i loro antichi mestieri: sarte, barbieri, autisti, ferrovieri, brave cuoche, geometri ma, cosa importante, costruiscono ad ogni incontro il diario della loro vita perché la memoria è il diario che ognuno di noi porta con se. E questo diario non è impresso solo nella nostra memoria ma principalmente nel nostro corpo che rappresenta una sorta di cassaforte emozionale in cui vengono custodite le esperienze della nostra vita. Con le terapie espressivo relazionali integrate in base alle varie scuole di pensiero psicoterapico, si cerca di stimolare principalmente la memoria corporea ed aiutare i pazienti a percepirsi come persone vive e presenti all’interno del proprio corpo e importanti protagonisti perché presenti e coinvolti in un gruppo di persone amiche che condividono una stessa malattia. Marian Chace colei che ha inventato la danzamovimentoterapia negli ospedali psichiatrici del St Elisabeth’s Mental Hospital di Washington, nel 1942 diceva che: “Un corpo è un corpo tra altri corpi” ed è per questo che nello Spazio Alzheimer si interviene principalmente sulla memoria procedurale cioè quella legata alle azioni ed alle abilità motorie oltre che effettuare terapie di stimolazione mnemonica e cognitiva. “Insieme ai pazienti ci sono i loro familiari – afferma la Sodano - che cerchiamo di aiutare ad uscire dall’isolamento attraverso lo scambio di esperienze vissute. Famiglie che non si devono sentire in colpa perché chiedono aiuto alla collettività, alle istituzioni, alla politica: le famiglie hanno bisogno di trovare una comunità accogliente, hanno bisogno di trovare porte aperte e meno burocrazia, hanno bisogno di una risposta ma a volte trovano arcipelaghi non comunicanti, hanno bisogno di umanità solidarietà e sentimento, perché sostenere il familiare significa curare il malato. Non esistendo attualmente terapie in grado di “guarire” l’Alzheimer, perchè i farmaci in commercio agiscono sui sintomi e non sulle cause, la famiglia riveste un ruolo fondamentale nella gestione del malato, ma deve essere assistita da una rete di servizi sempre più sensibili al problema . Potremmo contare su un maggiore coordinamento tra il medico di base, le Unità di Valutazione Alzheimer, l’assistenza domiciliare integrata, i Centri Diurni che spero nasceranno al più presto insieme ai Nuclei Alzheimer, le RSA per il ricovero dei malati gravi più o meno autosufficienti. E in tutto questo insostituibile è senza dubbio la ricerca. La terapia farmacologia o la mera cura assistenziale da sola rappresenta un modo sbagliatissimo di affrontare la malattia, perché occorre trovare con ogni ammalato quella password d’accesso che ci permette di comunicare con lui e trasmettergli quella sicurezza che ha smarrito, confortarlo nelle sue paure, guidarlo nel buio che l’ha imprigionato e fargli capire che l’affetto non conosce barriere comportamentali e di certo non ha come ostacolo la diversità. Ed è per questo che tutti insieme dobbiamo puntare ad una sinergia comune contro la malattia di Alzheimer, che metta insieme esperienze metodologiche e terapeutiche che siamo in grado di fare ogni cosa affinché il malato di Alzheimer o con sindromi ad esso correlate possa non perdere oltre alla memoria anche la sua dignità di uomo”.