Catanzaro: Spazio Alzheimer Cafè porta avanti la sua mission
Lo “Spazio Alzheimer Cafè e demenze neurodegenerative” gestito dalla Ra.Gi. Onlus in via Fares 177 a Catanzaro sta diventando, giorno dopo giorno, un punto di riferimento importante per molte famiglie che affluiscono anche dai comuni limitrofi. E’ per tale motivo che – informa una nota - da lunedì prossimo lo spazio messo a disposizione dei pazienti raddoppierà, dando così agli operatori la possibilità di attivare un maggior numero di laboratori differenziati per i pazienti affetti da demenza iniziale e per pazienti nella fase intermedia e medio grave. Gli orari di apertura per il momento restano sempre dalle 15,00 alle 19,00 di lunedì, mercoledì e venerdì. Il clima che si respira all’interno del Centro è quello della familiarità e della condivisione che permette agli utenti di “sentirsi a casa” e soprattutto di sentirsi vivi. I pazienti affetti da malattie neurodegenerative, infatti, diventano degli “scanner” di anime, dei “termometri” dell’ambiente umano che avvertono gli stati d’animo di chi sta loro intorno. Lo Staff della Ra.Gi., in accordo con i familiari, ha deciso nei giorni scorsi anche di festeggiare i primi due compleanni di due rispettivi ospiti proprio all’interno dello Spazio Alzheimer ospitando nipoti, figli, amici e parenti.
“Gli antropologi – afferma Elena Sodano presidente della Ra.Gi. Onlus - descrivono una condizione, presso i popoli cosiddetti primitivi, chiamata “perdita dell’anima”, in cui l’individuo è estraniato da sé, non riesce più a ritrovare il contatto, né all’esterno, con gli altri esseri umani, né all’interno, con se stesso. E’ incapace di partecipare alla vita sociale, ai riti e alle tradizioni: sono cose morte per lui e lui è morto per loro. Il legame con la famiglia, con il totem e con la natura è scomparso. Finché non si riappropria della sua anima, quell’uomo non è più veramente umano. E’ assente, è come se non avesse mai ricevuto l’iniziazione, non avesse mai ricevuto il nome, come se non fosse mai veramente nato. Un giorno la signora T. mi ha detto di essere morta, perché aveva perduto il cuore. Io le feci appoggiare la mano sul suo petto, al posto del cuore: se poteva sentirlo battere, le dissi, significava che l’aveva ancora. “Questo” rispose la signora “non è il mio vero cuore”. Tra me e lei non c’era altro da dire. Come l’uomo primitivo che ha perduto l’anima, quella donna aveva perduto il legame di amore e di coraggio con la vita; ed è quello il cuore vero, non l’organo che può continuare a pulsare anche isolato in un flacone di vetro”.
Ecco la vera mission dello Spazio Alzheimer che rappresenta una miglioria del progetto “Soli…mai più” finanziato dal Ministero dell’Interno per tramite del Comune Assessorato alle Politiche sociali. “Gli sviluppi ottenuti in campo farmacologico e nel settore prettamente medico biologico – afferma la psicologa dello Spazio Giusy Genovese – si sono dovuti sempre più accostare al fatto che i progressi risulterebbero inutili se non si tenesse in mente che le malattie neurodegenerative, (alzheimer e parkinson nello specifico) occorre gestirle in una duplice dimensione: il malato, la famiglia. L’assistenza non deve servire solo a compensare la disabilità indotta dalla malattia, ma deve contribuire anche al mantenimento dell’autostima di chi ne è affetto. Per questo motivo nelle malattie neurodegenerative occorre superare il concetto classico della riabilitazione mettendo in campo nuovi obiettivi e nuovi metodi, come le terapie non farmacologiche proposte nello spazio Alzheimer e destinate alla stimolazione degli aspetti cognitivi, corporei, affettivi, sociali e comportamentali che operano sulla complessità della persona e sul suo rapporto con l’ambiente. Attraverso tali applicazioni la persona affetta da demenza può ancora esprimere le capacità sopite e mantenere attive quelle ancora disponibili, interrompendo il circolo vizioso del disagio psico-fisico che crea un giudizio sociale negativo e che a sua volta aggrava il disagio, ristabilendo un “circolo di benessere” ”.