Usura: “Cravatte Piegate”, a giudizio sei persone

Catanzaro Cronaca

Si è conclusa con sei rinvii a giudizio l'udienza preliminare a carico delle altrettante persone coinvolte nell'operazione antiusura denominata "Cravatte piegate", scattata all'alba del 14 luglio scorso nel territorio dell'Alto Jonio catanzarese nei confronti di personaggi ritenuti responsabili di usura e estorsione ai danni di un'imprenditrice della zona. Il giudice dell'udienza preliminare ha accolto la richiesta dell'Ufficio di procura mandando gli imputati al processo - che avra' inizio il 20 febbraio davanti al tribunale collegiale di Catanzaro -, dove saranno difesi dagli avvocati Gianni Russano, Luigi Falcone, Enzo Ioppoli, Giuseppe Fonte e Pietro Pitari.

L'operazione "Cravatte piegate" e' stata coordinata dal sostituto procuratore Alessia Miele, titolare delle indagini condotte dai carabinieri della stazione di Botricello e della Compagnia di Sellia Marina, e porto' all'esecuzione di un'ordinanza cautelare G.T., 41 anni, di Steccato di Cutro (Kr); F.R., 41, di Botricello (Cz); Mario Falcone, 57, di San Leonardo di Cutro (Kr), e Antonio Froio, 42, di Botricello. La misura cautelare dell'obbligo di dimora nel comune di residenza con divieto di uscire da casa nelle ore notturne fu disposta per Salvatore Rota, 45 anni, assessore all'Agricoltura e al Turismo del Comune di Scandale, in provincia di Crotone, mentre fu solo indagato Marco Falcone, 33 anni, figlio di Mario e anch'egli residente a San Leonardo di Cutro per il quale non vene emessa alcuna misura.

I reati contestati nel procedimento, a vario titolo, sono usura, estorsione e violenza privata. La vittima, che ha dato il via alle indagini con la propria denuncia, e' una giovane imprenditrice che aveva provato ad avviare un'attività' commerciale a Botricello, un centro della provincia di Catanzaro al confine con quella di Crotone, sarebbe stata costretta a subire tassi usurari dal 10 al 15 per cento mensili, nella restituzione di un debito di 30.000 euro, ma anche minacce di ogni genere, e sarebbe stata anche privata di beni di sua proprietà come caparra e garanzia del debito. Una situazione insostenibile che, alla fine, ha portato l'azienda della giovane al fallimento.