‘Ndrangheta. La Dia sequestra beni per due milioni ad indagato per usura ed estorsione

Crotone Cronaca

La Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro ha sequestrato beni mobili ed immobili per un valore complessivo di circa due milioni di euro e che sarebbero riconducibili al cinquantanovenne, Mario Falcone di Cutro (nel crotonese), sorvegliato speciale e arrestato nel febbraio del 2009 per usura ed estorsione.

I BENI SEQUESTRATI

IL PROVVEDIMENTO è stato adottato dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Crotone a seguito della proposta del Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, Arturo De Felice.

In sintesi, sono stati sequestrati: un compendio aziendale e quote sociali della “F.M.C.P. s.a.s. di Lanatà Luigina”, con sede a Botricello, che gestisce un impianto di carburanti con annesso bar nello stesso Comune; 18 unità immobiliari; 5 rapporti finanziari; 4 mobili registrati.

LE MOTIVAZIONI DEGLI INQUIRENTI

Il Collegio della Prevenzione, dopo un’attenta analisi della condotta criminale dell’uom0o, ha ritenuto che non sussistono “ … dubbi in ordine allo stabile inserimento del proposto all’interno di un’associazione per delinquere con stretti rapporti d’affari con la criminalità organizzata, con coinvolgimento diretto nell’attività criminosa – anche qualificata (dall’aggravante del cd. metodo mafioso ex art. 7 della L. n. 203/91) – funzionale alla vita ed al rafforzamento della citata associazione. …”.

Ulteriormente, il Tribunale non ha potuto omettere di considerare che Falcone “… rileva pervicace inclinazione a delinquere ed un’evidente insensibilità al richiamo dell’Autorità.…”. In altri termini e più diffusamente “ … rispetto alla commissione dei fatti per i quali l’odierno proposto ha subito la prima misura custodiale in carcere, risalente al 2009, il Falcone, negli anni successivi, non ha dimostrato resipiscenza, risultando anzi – come premesso- autore di ulteriori fattispecie delittuose ed, in particolare, del reato di usura, sino alle nuove ordinanze del 12/07/2011 e del 26/04/2012 irrogative, rispettivamente, della misura degli arresti domiciliari e dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza; e ciò a dimostrazione dell’attualità della pericolosità sociale del proposto …”.

In base al quadro descritto, il Collegio ha quindi ritenuto “ … che sussistono le condizioni richieste dagli artt. 4 e ss. del vigente Codice Antimafia (D.Lgs. n. 159/2011) e che, di conseguenza, il proposto debba essere sottoposto alla misura della Sorveglianza speciale di P.S., la cui congrua durata può stabilirsi in anni tre. …”.

CONTROLLATO IL PATRIMONIO DAL 1985 AL 2010

Circostanziata la “pericolosità sociale” del Falcone, la Dia di Catanzaro ha eseguito rigorose investigazioni patrimoniali che hanno riguardato, per un arco temporale compreso tra il 1985 ed il 2010, tutti i cespiti in qualunque modo riconducibili all’uomo, l’analisi dei bilanci aziendali, la documentazione bancaria, allo scopo di documentare, tra l’altro, la netta sproporzione tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte dirette e le attività economiche esercitate. Al riguardo, i Giudici hanno rilevato che, sebbene il vasto compendio immobiliare facente capo a Falcone sia stato trasferito a titolo gratuito ai figli, appare “ … assolutamente sproporzionato rispetto ai modesti redditi ufficialmente dichiarati dal proposto e dal suo nucleo familiare. …”.

IMMOBILI ACQUISTATI PER CELARE I PATRIMONI DI MAFIA

A conferma dell’efficacia degli approfondimenti eseguiti dagli investigatori della Dia va evidenziato che il Tribunale non ha ritenuto di provenienza lecita neppure le acquisizioni immobiliari effettuate anche con il ricorso a “qualsivoglia forma di indebitamento bancario”. Nella circostanza, il Collegio non ha potuto omettere di considerare che “ … le operazioni in esame … si configurano usuali e tipiche proprio nei patrimoni di mafia, la cui formazione è favorita dal reimpiego delle fonti illecite in investimenti ed acquisti immobiliari apparentemente regolari, agevolandosi contestualmente la possibilità di meglio celare l’attività criminale del soggetto nell’illecita costruzione del suo cospicuo patrimonio. Infatti, proprio la regolare immissione nel circuito economico e produttivo dei beni e/o delle attività – acquistati e/o avviati illecitamente – costituisce la manifestazione più frequente ed usuale di utilizzazione ulteriormente produttiva e proficua da parte dei soggetti appartenenti ad associazioni mafiose del reddito proveniente dall’attività delittuosa posta in essere. …”.

Conseguentemente, il Tribunale ha concluso affermando che “… gli elementi e i documenti forniti dalla D.I.A., appaiono congrui, allo stato, circa la sussistenza del modo, assolutamente irragionevole, di formazione del patrimonio, tenuto conto della non rilevante attività lavorativa svolta nel tempo dal suddetto nucleo familiare. Pertanto, in virtù delle argomentazioni sopra esposte, va disposto il sequestro di tutti i beni indicati nella proposta del direttore della Direzione Investigativa Antimafia… .”.

L’ulteriore risultato di servizio conseguito dalla Dia di Catanzaro si inquadra in una più vasta ed articolata strategia, da tempo pianificata dal suo Direttore, Arturo De Felice, che mira a ripristinare la legalità, aggredendo ogni forma di illecito arricchimento delle organizzazioni criminali, le quali, disponendo di ingenti risorse finanziarie sono capaci di destabilizzare i delicati circuiti dell’economia legale.