Sanità. Accordo con Bambin Gesù, Cgil: presenta contraddizioni

Cosenza Salute

L’accordo per l’attivazione di un Centro pediatrico “Bambin Gesù” in Calabria, firmato dal Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, con il decreto 20 del 21 marzo, presenta tutta una serie di contraddizioni e incoerenze che il Presidente dell’Ordine dei Medici di Cosenza, Eugenio Corcioni ha già messo a fuoco in lettera aperta che esso suona come una bocciatura solenne di tutta la classe medica Calabrese da parte della Regione. E su questo bisogna fare una riflessione. - È quanto si legge in una nota della segreteria Cgil Cosenza e della segreteria Fpcgil Cosenza - Il Presidente della Regione non solo mostra ancora una volta di avere poca stima dei medici calabresi e di quelli cosentini in particolare, quanto disconosce quello che la sua stessa parte politica, riferendosi al Dipartimento materno infantile di Cosenza, ha sempre sbandierato come un polo sanitario di eccellenza. In verità, anche gli atti Aziendali dell’ASP e dell’Ospedale Annunziata, in via di approvazione, valorizzano il dipartimento materno infantile interaziendale.

L’iniziativa sebbene definita “storica” dai firmatari dell’accordo, a una serena valutazione, così, appare come l’ennesimo tentativo di colonizzazione di una branca, quella pediatrica, che specie nella città bruzia fin qui ha dato risposte anche in assenza di mezzi e se valorizzata potrebbe darne anche di più. Il provvedimento si presenta, dunque, illogico in quanto non è con la diffusione di kinder garden sanitari che si rafforzano le eccellenze (o presunte tali) o tantomeno si risanano i bilanci della sanità regionale. né si qualificano le professionalità mediche.

D’altronde che questa operazione consista in una sorta di reclutamento obbligato dei bambini da parte della sanità privata, in questo caso cattolica, è fin troppo evidente se solo si riflette sul fatto che il Bambin Gesù va aprendo sedi in giro per l'Italia con finanziamenti pubblici e che a oggi ha coperto tutto il Sud. La convenzione con la Sicilia che è la più vecchia ha già sollevato e amplificato molti dubbi – documentati anche da filmati ­come ha messo nero su bianco un quotidiano lucano – sui risultati raggiunti; un'altra “sezione” è in Molise e un'altra in Basilicata. La caratteristica di tutti i protocolli d’intesa di queste sezioni con le diverse regioni è che le stesse vengono presentate come “poli di eccellenza” con il dichiarato intento di attrarre pazienti dalle regioni vicine (?). Ogni regione – è stato già messo in chiaro dalla stampa più attenta – in pratica dovrebbe compensare lo scippo subito dall'altra regione vicina: la Sicilia dovrebbe attrarre pazienti dalla Calabria, la Calabria li dovrebbe prendere dalla Basilicata e la Basilicata dal Molise. Ciò – spiegato – in una sorta di giro vorticoso che sempre lì arriva, cioè all’ospedale Bambin Gesù di Roma.

In una regione come la nostra “dissanguata” da un piano di rientro che stenta sempre più a mantenere livelli minimi assistenziali e penalizza i cittadini, non può stupire più di tanto l’emigrazione sanitaria. Stupisce invece che non venga valorizzato e rafforzato l’esistente, che non vengano utilizzati indicatori di qualità della prestazioni e che i medici continuano ad essere valutati e promossi solo sulla base dell’appartenenza politica e mai per merito.

Per dare una risposta alle domande di salute dei calabresi in età pediatrica e interrompere la drammatica consuetudine dell’emigrazione sanitaria risanando l’economia bisogna dare maggiore credito alle professionalità mediche regionali investendo sulle risorse umane in loco, implementando l’esistente e dotando le specialità che già esistono di uomini e mezzi. Altrimenti succederà che il peggioramento della nostra economia servirà a sanare i deficit della sanità delle altre Regioni e impinguerà casse private, in questo caso quello del Bambino Gesù, che al momento non deve essere tanto florido se l’Istituto ha questa necessità di espansione per fare incetta di pazienti.