Operazione “La falsa politica”: lavanderia al centro delle trame con la mafia
Cosimo Cherubino, l'ex consigliere regionale arrestato stamani in Calabria, era organico alla cosca Commisso di Siderno. Lo affermano i magistrati della Dda di Reggio Calabria, che stamane hanno chiesto e ottenuto provvedimenti cautelari per 15 persone. "C’è - ha detto il procuratore aggiunto Nicola Gratteri nel corso di una conferenza stampa - chi fa le estorsioni per conto della 'ndrangheta e chi, come in questo caso, si candidava alle elezioni. Il compito di Cherubino - ha aggiunto Gratteri - era quello di candidarsi". Cherubino, sempre secondo la Dda, sarebbe stato affiliato al clan Commisso con il grado di "Vangelo". Il controllo del clan sui candidati di riferimento era tale che, anche per eventuali cambi di casacca all'interno degli schieramenti politici, gli eletti con il sostegno del clan dovevano chiedere il consenso al gruppo mafioso, pena la perdita del sostegno elettorale. L'ascolto degli operosi lavori d'intreccio tattico-politico, tessuti quotidianamente all'interno della lavanderia "Ape Green" tra il boss Giuseppe Commisso, esponenti di altre 'ndrine e alcuni candidati alle elezioni amministrative, ha rivelato agli inquirenti i rapporti tra 'ndrangheta e politica locale che sono all'origine dell'operazione "La Falsa Politica". La lavanderia era il quartier generale del clan, come era già emerso in occasione delle operazioni "Crimine" e "Recupero", di cui quella odierna è la prosecuzione.
I colloqui intercettati all'interno della lavanderia "Ape Green", hanno mostrato, evidenziano gli inquirenti, "un inatteso rovesciamento dei contesti criminali a cui si era abituati ad assistere". Dunque, non più i classici tentativi di condizionamento della politica compiuti da parte degli "uomini d'onore", ma una lunga sequela di richieste di appoggio elettorale da parte di chi, bussando alla porta del "Mastro" o di altri mafiosi, ipotecava la sua futura attività pubblica a favore della 'ndrangheta. Gli specifici servizi di osservazione degli inquirenti, corroborati dall'attività di intercettazione ambientale, hanno documentato incontri di esponenti della politica di Siderno che nella lavanderia di Commisso, prima, viene evidenziato negli atti, per chiedergli "il permesso di candidarsi", poi per "racimolare i consensi del clan necessari per la sua elezione". Il che dimostra, secondo l'accusa, come il Comune di Siderno fosse appannaggio della cosca e solo con il consenso del "Mastro" fosse possibile candidarsi. Il clan non interveniva direttamente esponendosi in campagna elettorale, temendo l'esposizione dei propri candidati a controlli di tipo investigativo, ma operava occultamente alle loro spalle.