Imprenditore ucciso: moglie e presunto complice assolti
Si è concluso con due assoluzioni il processo per l'omicidio volontario aggravato dalla premeditazione dell'imprenditore catanzarese Domenico Bruno, che si è tenuto a Roma a carico della moglie della vittima, Luciana Cristallo, e del suo presunto complice Fabrizio Rubini. Il pubblico ministero - scrive l'Agi - aveva chiesto per i due imputati la condanna all'ergastolo, ed anche i legali di parte civile Nunzio Raimondi, Aldo Costa e Maurizio Arabia, che rappresentano la madre della vittima, Santa Marinaro, nonchè la curatrice dei due figli minorenni di Bruno e della Cristallo avevano insistito perché gli imputati fossero dichiarati colpevoli.
La Corte d'assise della Capitale, però, ha accolto piuttosto le richieste dei difensori della Cristallo e di Rubini, l'avvocato Giansi e l'avvocato Sabatelli, assolvendo Rubini "per non aver commesso il fatto", e la Cristallo perché ritenuta non punibile per via della scriminante della legittima difesa. La Corte ha così condiviso in pieno le tesi dei difensori degli imputati, ed in particolare di Giansi, il quale fin dall'inizio ha insistito che la donna avrebbe agito solo per legittima difesa, sostenendo che la sua assistita si sarebbe solo "difesa da anni ed anni di violenze ed abusi" che il marito avrebbe perpetrato ai suoi danni.
"Credo nella giustizia anche quando un giudice mi da torto - ha commentato per parte sua l'avvocato Raimondi - perché anche i giudici possono sbagliare, come chiunque di noi del resto, e proprio per questo esiste l'appello, ossia la certezza di un nuovo giudizio di merito sullo stesso fatto. E questo vale, e deve valere, per tutti, accusa e difesa: peccato però che l'opinione comune non riesca ad accettare fino in fondo questo principio di civiltà e, di fronte a questi casi, deduca semplicisticamente che 'non c'è giustizia' oppure esulti per una 'giustizia non ancora compiuta'. Era la sera del 27 gennaio 2004 quando Bruno scomparve dalla sua abitazione romana, venendo ritrovato cadavere solo un mese dopo, su una spiaggia di Ostia, dove il mare restituì il suo corpo trafitto da numerose coltellate.