Bomba pronta per faida di ‘ndrangheta. Tre arresti, in manette presunto boss di Limbadi
Tre presunti esponenti di rilievo delle cosche criminali del vibonese, sono stati arrestati stamani dalle Squadre Mobili di Vibo Valentia e Catanzaro, perché ritenuti responsabili della detenzione di un micidiale ordigno esplosivo con innesco radiocomandato a distanza.
A finire in manette, su disposizione della Dda di Catanzaro, Pantaleone Mancuso, 52 anni, considerato “esponente di spicco” dell’omonima famiglia di Limbadi (Vibo) e Rinaldo Loielo, 22 anni, figlio del boss Giuseppe, che fu vittima di un agguato mafioso nel 2002 insieme al fratello Vincenzo, per mano della contrapposta famiglia Emanuele. Elementi questi che, per gli inquirenti “sono ulteriore riscontro della strategia criminale della famiglia Mancuso di Limbadi, interessata ad intervenire ed alimentare i contrasti tra le diverse cosche del vibonese” e che sarebbero, inoltre, una “ulteriore dimostrazione della capacità dei Mancuso di regolare i rapporti conflittuali per acquisire potere così come è avvenuto, nel recente passato, con riferimento alla guerra di mafia scoppiata tra il gruppo dei Piscopisani e quello di Stefanaconi (VV) “
LE INDAGINI avrebbero consentito, pertanto, di accertare “che la bomba - raccontano gli inquirenti - ceduta da un esponente di spicco della consorteria Mancuso di Limbadi (VV) ad un componente della famiglia Loielo” doveva essere utilizzata da quest’ultimo "nell’ambito della contrapposizione della propria famiglia con altro gruppo criminale, in lotta per il predominio delle attività illecite nei comuni del comprensorio delle 'Serre Vibonesi', zona storicamente interessata da sanguinose faide criminali".
Maggiori dettagli saranno forniti nel corso in una conferenza stampa che si terrà alle ore 10.30 presso la Questura di Vibo Valentia.
10.58 | Nasce da un controllo della polizia del 23 febbraio scorso in localita' "Serricella" di Rosarno (Rc) l'inchiesta che ha portato stamane agli arresti di tre persone per detenzione di un ordigno esplosivo. Gli investigatori avevano fermato una Smart con a bordo Filippo Pagano, 22 anni, di Soriano Calabro, nel Vibonese, e Rinaldo Loielo, 22 anni, di Ariola di Gerocarne, in provincia di Vibo, due degli odierni arrestati.
Entrambi, alla richiesta dei documenti, avevano candidamente avvertito i poliziotti del Commissariato di Gioia Tauro (Rc) che nel bagagliaio avrebbero trovato una bomba, disinnescata poi dagli artificieri arrivati da Reggio Calabria. Nell'occasione i due giovani erano stati arrestati. Le indagini sfociate stamane in tre ordinanze in carcere hanno portato ad accertare che quell'ordigno sarebbe stato procurato da Pantaleone Mancuso, 52 anni, detto "Scarpuni", ritenuto il "braccio armato" dell'omonimo clan della 'ndrangheta di Limbadi, già in carcere per altre due operazioni antimafia.
Mancuso avrebbe ceduto l'ordigno a Rinaldo Loielo, con precedenti per reati contro il patrimonio, per alimentare lo scontro che vede contrapposti nelle Pre Serre vibonesi i Loielo ai clan degli Emanuele e dei Ciconte. Rinaldo Loielo, oltre ad essere imparentato con il clan Soriano di Filandari, sempre nel Vibonese, é figlio di Giuseppe Loielo, ucciso nell'aprile del 2002 all'età di 46 anni, insieme al fratello Vincenzo, 44 anni, nella cosidetta "Strage di Ariola" ad opera del gruppo capeggiato da Bruno Emanuele di Gerocarne. Emanuele, nell'agguato, sarebbe stato aiutato dal boss di Cassano allo Ionio (Cs), Tonino Forastefano, quest'ultimo ora collaboratore di giustizia. (AGI)
h 13:39 | Sarebbe stato in grado di far crollare un palazzo intero, attraverso un sistema di attivazione a distanza, l'ordigno esplosivo di 2 chili e mezzo sequestrato dalla Polizia nel febbraio scorso ed in relazione al quale stamane sono stati eseguiti tre arresti. Lo hanno spiegato gli inquirenti durante una conferenza stampa tenuta dal capo della Squadra Mobile di Catanzaro, Rodolfo Ruperti, dal questore di Vibo, Angelo Carlutti, dal dirigente della polizia vibonese, Antonio Lanciano, dal procuratore della Dda, Giuseppe Borrelli, alla presenza del prefetto di Vibo, Giovanni Bruno. All'operazione è stato dato il nome di "'Mbroghija" (imbroglio).
Il nome richiama lo pseudonimo con il quale sono conosciuti alcuni componenti del clan Mancuso di Limbadi inclini ad ordire inganni ai danni di altri cosche. A differenza di quanto avvenuto in occasione dei primi arresti eseguiti a febbraio (quelli di Rinaldo Loielo e Filippo Pagano, 22 e 23 anni, oggi destinatari di una nuova ordinanza insieme al boss Panataleone Mancuso, di 52 anni), in occasione del rinvenimento dell'ordigno, dalle misure eseguite oggi emerge la contestazione dell'aggravante mafiosa.
Le indagini avrebbero infatti permesso di appurare che la bomba sarebbe stata diretta a colpire Raffaele Moscato, 31 anni, esponente del clan di Piscopio, frazione di Vibo Valentia, contrapposto al clan Patania di Stefanaconi, sempre nel Vibonese, alleati ai Mancuso di Limbadi. Moscato il 23 marzo 2012 era rimasto ferito insieme a Rosario Battaglia in un agguato a Vibo Marina costato la vita al loro sodale Francesco Scrugli, 42 anni, di Vibo. (AGI)
16:11 | Sarebbe stato un bar di Nicotera Marina, nel Vibonese, la base operativa del clan Mancuso di Limbadi, tanto da essere utilizzato dal boss Pantaleone Mancuso, 52 anni, detto "Scarpuni", per incontrare ripetutamente nel gennaio e nel febbraio scorso Rinaldo Loielo e Filippo Pagano, arrestati stamani nell'ambito dell'operazione denominata "Mbroghjia" (imbroglio). Nel bar i poliziotti hanno piazzato microspie e telecamere riprendendo ed ascoltando le fasi salienti della preparazione di agguati, attentati.
Da uno dei colloqui intercettati sarebbe emerso il proposito della collocazione nottetempo di un ordigno esplosivo sul veicolo della vittima designata, Raffaele Moscato, 31 anni, di Vibo Marina, all'epoca latitante, che doveva saltare in aria attraverso l'ausilio di un telecomando a distanza. Moscato, ritenuto organico al clan di Piscopio, frazione di Vibo, sarebbe stato un obbiettivo dei Loielo in quanto cugino degli Ida' di Gerocarne, a loro volta questi alleati con il clan delle Pre Serre vibonesi degli Emanuele contrapposto agli stessi Loielo. A far da tramite fra Pantaleone Mancuso e Rinaldo Loielo, specie dopo l'arresto di quest'ultimo nel febbraio scorso, sarebbe stato un uomo di Tropea. Secondo il gip distrettuale di Catanzaro, Abigail Mellace, i tre arrestati "appaiono soggetti estremamente pericolosi e spregiudicati, animati da ferrei propositi di vendetta ed incamminati, senza alcuna remora o scrupolo, lungo la strada della criminalita' piu' feroce e sanguinaria". (AGI)