Il pentito Moscato doveva saltare in aria: Loielo e Pagano condannati in Cassazione
Nel febbraio del 2013, nei pressi di Rosarno, erano in un’auto con una vera e propria bomba di oltre due chili che, innescabile a distanza con un radiocomando: un’arma micidiale che avrebbe potuto far saltare in aria un intero palazzo. Rinaldo Loielo, di Gerocarne, e Filippo Pagano, di Soriano, finirono così in manette e condannati, in Appello, a otto anni di carcere: una sentenza che oggi è stata confermata in Cassazione.
I due furono arrestati il 23 febbraio di quattro anni fa dagli agenti del commissariato di Gioia Tauro: allora avvisarono subito gli agenti che nella loro vettura vi era un ordigno, poi disinnescato dagli artificieri. Secondo gli inquirenti la bomba sarebbe stata ceduta a Loielo dal presunto boss “Scarpuni”, Pantaleone Mancuso, per alimentare lo scontro armato tra i Loielo, appunto, e le cosche delle Preserre vibonesi degli Emanuele e Ciconte.
L’ordigno, sempre in base alla tesi degli investigatori, avrebbe dovuto essere posizione di notte nell’auto della vittima designata, Raffaele Moscato, che al tempo era latitante ed attualmente è un collaboratore di giustizia. Moscato è considerato soggetto organico al clan di Piscopio e sarebbe stato scelto come obiettivo poiché cugino degli Idà di Gerocarne, a loro volta alleati con il clan contrapposto degli Emanuele.
LA STRAGE DI ARIOLA
Rinaldo è figlio di Giuseppe Loielo, ucciso nel 2002 insieme al fratello Vincenzo nella cosiddetta “strage di Ariola”, voluta dalla cosca al cui vertice vi sarebbe stato Bruno Emanuele, e che sarebbe stato aiutato a compiere l’agguato da Tonino Forastefano, allora boss di Cassano allo Ionio e ora collaboratore di giustizia.
Gli inquirenti intercettarono una conversazione in una bar di Nicotera Marina, locale considerato la base operativa della cosca Mancuso, in cui sarebbe emerso proprio il proposito di posizionare la bomba nell’auto di Moscato.