Imprenditori e professionisti affiliati alla ‘ndrangheta? Blitz a Reggio, 47 arresti

Reggio Calabria Cronaca

Dalle prime luci dell’alba è in corso una imponente operazione - denominata Araba Fenice e condotta dal Comando Provinciale di Reggio Calabria della Guardia di Finanza e dallo SCICO di Roma - che avrebbe portato alla "disarticolazione di un’associazione di stampo mafioso composta da imprenditori e professionisti", ritenuti dagli investigatori affiliati alle più importanti cosche di ‘ndrangheta reggine. 47 le ordinanze di custodia cautelare che si stanno eseguendo. Sequestrate inoltre 14 società e beni per un valore complessivo di circa 90 milioni di euro ed effettuate oltre 90 perquisizioni tra Calabria, Piemonte, Veneto, Lombardia e Puglia.

I REATI CONTESTATI sono l’associazione a delinquere di stampo mafioso, il trasferimento fraudolento di valori, l’abusiva attività finanziaria, l’utilizzo ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, favoreggiamento, peculato, corruzione, illecita concorrenza ed estorsione, tutti aggravati dalle modalità “mafiose”.

LE INDAGINI, coordinate dalla Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio, avrebbero consentito di “rilevare l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale di tipo mafioso - affermano gli inquirenti - presente ed operante nel territorio di Reggio Calabria, in grado di condizionare la realizzazione di complessi residenziali privati, ovvero eseguire tutti i relativi e connessi lavori di completamento con la conseguente illecita percezione di profitti”.

I dettagli dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 10.30 presso il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria alla presenza del Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti e del Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Cafiero de Raho.

h 11:40 | Una cabina di regia composta da imprenditori compiacenti e boss della 'ndrangheta governava il mercato dell'edilizia a Reggio Calabria, 47 persone, tra cui professionisti e imprenditori, arrestate e altre 17 denunciate a piede libero dai finanzieri, oltre ai sequestri, è il bilancio dell’operazione “Araba Fenice”.

Il “gruppo criminale misto”, - comunicano gli inquirenti –composto dalla compartecipazione economica di diverse cosche reggine di ‘ndrangheta sarebbe dedito, in particolare, alla realizzazione e gestione di opere di edilizia privata, nonché responsabile dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni, abusivo esercizio dell’attività finanziaria, utilizzo ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, favoreggiamento, peculato, corruzione, illecita concorrenza ed estorsione, tutti aggravati dalle modalità “mafiose”.

Le ordinanze colpiscono quasi tutte le principali cosche reggine, dai “Fontana –Saraceno”, egemoni nella parte Nord della città, ai “Ficara – Latella”, predominanti nella parte Sud, passando dai Condello del quartiere di Archi ai “Serraino – Rosmini – Nicolò” e “Lo Giudice” ed “Audino”, operanti nel centro cittadino.

Le indagini – sottolineano gli investigatori - hanno disvelato uno stretto legame tra la famiglia di imprenditori edili reggini, i Calabrò, nei cui confronti era inizialmente stata avviata l’attività investigativa, e Rocco Musolino, a seguito dell’interesse manifestato dalla famiglia Calabrò ad edificare un imponente complesso edilizio su un terreno di proprietà del predetto Musolino Rocco, ricadente nel quartiere reggino di Ravagnese, territorio della cosca “Latella – Ficara”. Tale terreno è stato concesso dal Musolino in permuta con la contropartita del 24% degli immobili realizzati.

Per il buon esito dell’affare nella zona di influenza di altra cosca, comunque, Giacomo Calabrò Santo e il figlio Antonino, titolari della società “Edilsud S.n.c. di Calabrò Francesco & C.”, si sono consapevolmente serviti, per la fornitura di materiale ovvero per l’esecuzione di lavori edili, di “determinati” soggetti economici, risultati essere tutti legati alle varie cosche reggine operanti in città. Il tutto sulla base di un preciso ruolo all’interno di un comune e composito disegno criminoso, teso alla spartizione, a tavolino di tutti i lavori di edilizia, affinché ogni famiglia di ‘ndrangheta beneficiasse della “propria parte di competenza”, consistente in sostanziose “entrate economiche”, non altrimenti conseguibili.

In più, le indagini tecniche nei confronti degli imprenditori reggini non lasciavano alcun dubbio circa l’esistenza di un vorticoso giro di fatture per operazioni inesistenti, necessarie – scrivono gli inquirenti - a “sistemare” la contabilità delle aziende coinvolte nell’attività illecita del predetto gruppo criminale. Tutti i soggetti economici sono stati “chiamati” dalle famiglie di ‘‘ndrangheta ad emettere, utilizzare o annotare fatture per operazioni inesistenti, in maniera seriale, sistematica e abituale, a volte anche al solo scopo di mera cortesia imprenditoriale.