Per gli inquirenti è un imprenditore mafioso, scatta il sequestro dei beni
Una ditta individuale, sei immobili, tre autovetture e numerosi rapporti finanziari, il tutto per un valore di circa 2,5 milioni di euro, sono stati sequestrati a uno dei più noti imprenditori edili a suo tempo attivi nella provincia reggina, e alla sua famiglia.
Si tratta di Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, attualmente detenuto dopo essere stato arrestato per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione “Araba Fenice”: condotta nel 2013 dalla Guardia di Finanza l’inchiesta coinvolse imprenditori e professionisti reggini che gli inquirenti ritennero affiliati alla ‘ndrangheta. Si fece luce allora su un presunto cartello criminale che avrebbe “governato” il mercato edilizio di Reggio Calabria.
Secondo gli investigatori e da quanto sarebbe emerso dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, Liuzzo avrebbe fatto parte della cosca “Rosmini”, per conto della quale avrebbe curato gli interessi economici illeciti, soprattutto nel settore dell’edilizia privata.
Nel corso delle indagini, poi, sarebbe emersa la riconducibilità di fatto, all’imprenditore, di diversi beni intestati formalmente a terzi, in particolare alla compagna, Serena Assumma, e al fratello di quest’ultima, Natale, destinatario anch’egli di un provvedimento restrittivo della libertà personale sempre nell’ambito nell’operazione “Araba Fenice”.
Il sequestro di oggi rappresenta l’epilogo di altre indagini condotte nei confronti di Liuzzo dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria e coordinate dalla Procura della Repubblica.
Al riguardo, anche attraverso lo sviluppo di accertamenti capillari di natura economico-patrimoniale, sarebbe stato ora ricostruito l’intero patrimonio riconducibile, direttamente o indirettamente, all’imprenditore e alla sua famiglia, accertando, dal 2005, una presunta sproporzione tra questo patrimonio e i redditi dichiarati.
Le investigazioni, in particolare, avrebbero consentito di cristallizzare “l’aspetto statico della ricchezza attualmente posseduta” evidenziando quello “dinamico delle fonti” attraverso le quali questa ricchezza sarebbe stata prodotta, evolvendosi nel tempo fino alla sua attuale consistenza.
Sotto il profilo della disponibilità dei beni, i Finanzieri non solo hanno individuato quelli di cui Liuzzo è risultato titolare o per i quali ha operato, in capo allo stesso, “la presunzione legislativa di disponibilità”, ma avrebbero anche raccolto dati oggettivi in relazione ad altri beni e utilità di fatto riconducibili all’imprenditore, “quale effettivo dominus, a prescindere dalla loro formale intestazione”, sostengono gli inquirenti.