Attentato Procura Reggio: presunto “armiere” nega responsabilità
Antonio Cortese, una delle persone tre persone attualmente sotto processo a Catanzaro per gli attentati di tre anni fa contro i magistrati di Reggio Calabria, e in particolare contro il procuratore generale Giuseppe Di Landro, e l'ex procuratore Giuseppe Pignatone, ora a capo della Procura di Roma, entrambi destinatari delle intimidazioni, ha rilasciato dichiarazioni spontanee nel corso dell'udienza di oggi. Cortese, ritenuto dagli inquirenti l'armiere della cosca Lo Giudice, ha voluto replicare e smentire le dichiarazioni del boss Nino Lo Giudice, che all'epoca della sua iniziale collaborazione con la giustizia gli attribui' responsabilità negli attentati, e di Consolato Villani, altro pentito le cui parole sono entrate nell'inchiesta in questione e che è stato sentito a Catanzaro alla scorsa udienza di questo processo.
Cortese ha spiegato di essere stato legato ad Antonino Lo Giudice, piu' noto come "Nino", da un semplice rapporto di amicizia, di averci condiviso momenti di divertimento e alcuni interessi di lavoro, ma mai nulla di illecito. Sarebbe stato limitato alla mera conoscenza, poi, il rapporto con Villani, che Cortese ha affermato di aver visto solo sporadicamente. L'imputato ha sostenuto le sue posizioni con la massima forza, chiedendo anche un confronto diretto con Lo Giudice e Villani. Il pubblico ministero, Gerardo Dominijanni, per parte sua ha chiesto ai giudici del tribunale collegiale l'acquisizione al fascicolo processuale di alcuni atti relativi al procedimento penale parallelo a quello in questione - per i fatti che non hanno riguardato i magistrati della città dello Stretto, rispetto ai quali la competenza è radicata a Catanzaro -, il cui primo grado si è già concluso a Reggio Calabria.
I giudici si sono riservati di decidere, mentre oggi hanno conferito incarico al perito Antonio Petitto per la trascrizione di alcune intercettazioni. Infine il rinvio del processo, che proseguirà secondo un calendario che prevede udienza il 23 e il 30 settembre, e poi il 21 e 29 ottobre. Il dibattimento - nel quale sono costituiti parte civile il Ministero della Giustizia, la Regione Calabria e il Comune di Reggio Calabria - vede sul banco degli imputati Luciano Lo Giudice - fratello di Nino -, Cortese, e Vincenzo Puntorieri, legato a Cortese. Ha invece scelto molto tempo fa la strada del giudizio abbreviato il quarto imputato, lo stesso boss Nino Lo Giudice, che è stato condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione, e tempo dopo ha fatto perdere le proprie tracce per poi rifarsi vivo con un memoriale fatto recapitare al proprio difensore, con il quale ha ritrattato le proprie dichiarazioni da collaboratore. Nel corso delle indagini gli imputati sono stati raggiunti, il 15 aprile del 2012, da un'ordinanza cautelare di custodia in carcere come presunti responsabili degli attentati compiuti contro la Procura generale di Reggio e l'abitazione del procuratore generale Di Landro, nonchè delle intimidazioni di cui è stato vittima l'ex procuratore della Repubblica in servizio nella Città dello Stretto, Pignatone. L'inchiesta ebbe un input determinante proprio da Antonino Lo Giudice, quando questi decise di collaborare. (AGI)