Usura: operazione “Breccia” nel Catanzarese, tutti assolti
Sono stati tutti assolti con la formula più ampia gli otto imputati coinvolti nell'operazione antiusura della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro denominata "Breccia". Si tratta, in particolare, di Rosetta Esposito, Domenico Esposito, Renzo Tropea, Vincenzo Talarico, Antonio Talarico, Salvatore Macri', Giuseppe Tropea e Carmine Tropea, per i quali i giudici del collegio catanzarese (presidente Mastroianni, a latere Raschellà e Iliano) hanno pronunciato questa sera una sentenza di assoluzione "perché il fatto non sussiste".
Massima la soddisfazione delle difese degli imputati (tra i difensori, Gianni Russano, Gregorio Viscomi, Arturo Bova, Antonio Chiarella, Luigi Falcone, Vincenzo Puccio), che fin dal principio si erano professati completamente innocenti, e che adesso denunceranno per calunnia chi li ha denunciati, marito e moglie che attualmente si trovano inseriti nel programma di protezione testimoni, e che infatti al processo sono stati sentiti in videoconferenza dalla località protetta in cui si trovano.
Non si conoscono ancora le intenzioni in merito della Procura antimafia, rappresentata in aula dal pubblico ministero Vincenzo Capomolla, che potrà proporre appello ma anche, in caso la sentenza di assoluzione degli imputati divenisse definitiva, potrebbe procedere d'ufficio per diverse ipotesi di reato contro i denuncianti, che al processo erano costituiti parte civile assieme all'associazione Libera ed all'associazione antiracket.
L'inchiesta antiusura, condotta dalla squadra mobile di Catanzaro, e sfociata nel blitz denominato "Breccia" scattato all'alba del 31 maggio 2013, è partita proprio a seguito della denuncia di un ristoratore di un noto villaggio turistico di Cropani, sulla costa ionica catanzarese, il quale raccontò che dopo anni non poteva più reggere le richieste di denaro e le minacce di morte dei suoi aguzzini. Dalle indagini a carico delle otto persone raggiunte dall'ordinanza cautelare, indagate per concorso in usura ed estorsione aggravate dal metodo mafioso, sarebbe, secondo le accuse cadute oggi, che per due distinti prestiti di denaro di 10.000 euro, nonostante la restituzione dell'intera somma capitale, l'imprenditore vittima delle vessazioni sarebbe stato costretto a pagare interessi variabili tra il 150% e il 180% annui, nonché a cedere beni strumentali utilizzati per la gestione dell'attività di ristorazione per un valore di alcune decine di migliaia di euro. Le richieste di denaro nei confronti della vittima sarebbero avvenute anche con pestaggi e pesantissime minacce a lui ed ai suoi familiari. Una ricostruzione che, però, non ha retto in aula e rispetto alla quale gli imputati - che hanno subito la carcerazione cautelare per la quale potranno chiedere l'indennizzo per ingiusta detenzione se l'assoluzione diverrà definitiva - sono stati scagionati totalmente all'esito del giudizio di primo grado. (AGI)