‘Ndrangheta. Blitz a Torino e Reggio: 20 arresti per droga, estorsioni e usura

Reggio Calabria Cronaca

Venti persone arrestate, 41 perquisizioni domiciliari e sequestri di beni: questo l’esito dell’operazione “Big Bang” eseguita, nella notte appena strascorsa, dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torino. Il blitz è scattato sia nel capoluogo piemontese che a Reggio Calabria.

I destinatari del provvedimento sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni, all’usura, al traffico di droga e alla gestione di bische clandestine. Gli atti intimidatori da parte del gruppo erano a volte particolarmente pesanti come nel caso in cui ad una vittima venne inviata una testa mozzata di maiale accompagnata dall’avvertimento che la "prossima (testa, ndr.) sarebbe stata la sua".

L’INDAGINE si basa sulle figure di Adolfo e Cosimo Crea, fratelli rispettivamente di 44 e 41 anni, coinvolti nel processo “Minotauro” e ritenuti dagli investigatori i nuovi boss della ‘ndrangheta torinese insieme a Vincenzo Argirò, al clan degli Ursino e dei Belfiore e alle organizzazioni di San Luca.

Secondo la tesi investigativa gli interessi del gruppo erano incentrati sulla gestione dei videopoker e delle bische clandestine oltre che dello spaccio di droga e delle estorsioni nel capoluogo e nelle zone di Settimo, Leinì e Brandizzo.

I DETTAGLI DEL BLITZ

L’ordinanza di misura cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Torino su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia sostiene testualmente che i soggetti destinatari del provvedimento avrebbero fatto parte della ‘ndrangheta, prevalentemente attiva a Torino e, siostengono gli inquirenti “resa nuovamente operativa, quantomeno a far data dal giugno 2014, collegata con le strutture organizzative insediate in Calabria e dotata di propria autonomia e capacità d’azione tale per cui i componenti si avvalevano della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivava, per commettere reati, per acquistare in modo indiretto il controllo di attività economiche e di autorizzazioni commerciali e per realizzare profitti e vantaggi economici ingiusti”.

Le perquisizioni domiciliari eseguite sono in totale 41 e sarà dato corso al sequestro di 7 unità immobiliari; 6 automezzi; 11 rapporti bancari; 2 cassette di sicurezza; 1 licenza commerciale; 2 società con 3 sedi operative.

Nel corso delle stesse perquisizioni è stata arrestata un’altra persona, in provincia di Vercelli, accusata di produzione di stupefacenti: in una pertinenza dell’abitazione è stata ritrovata difatti una coltivazione di piante di marijuana. È stato rinvenuto anche del munizionamento in casa di uno degli indagati.

L’operazione è stata denominata “Big bang” dal nome di uno dei locali gestiti dal sodalizio e l’attività si è sviluppata a partire dal giugno 2014 con sistemi tradizionali e senza il supporto di collaboratori di giustizia. La Procura e i Carabinieri sono partiti dall’attività di traffico di stupefacenti organizzato dai fratelli Crea (inizialmente detenuti perché arrestati l’8 giugno del 2011 nel corso dell’operazione “Minotauro”) e si sarebbe accertato che gli indagati avrebbero comunicato tra di loro sia con i cosiddetti “pizzini”, che con puntualità venivano distrutti subito dopo essere stati letti dai destinatari, sia con smartphone di ultima generazione. Sono state intercettate oltre 263mila telefonate.

In particolare, già dal carcere di Voghera e poi all’atto della loro remissione in libertà (avvenuta nel mese di febbraio 2014 per Aldo Cosimo Crea e nel mese di Giugno 2015 per Adolfo) i due fratelli, considerati espressione di vertice nel capoluogo piemontese della ‘Ndrangheta reggina, “entrambi con il grado di padrino”, affermano gli investigatori “avrebbero aggregato pregiudicati già noti, parenti e nuovi giovani emergenti nel contesto criminale cittadino, avviando attività tipiche del controllo mafioso del territorio”.

In particolare, secondo le accuse, il gruppo familiare, intimidendo anche altri pregiudicati con la forza dell’appartenenza alla ‘ndrangheta, avrebbe sviluppato un consistente volume di attività nel traffico di stupefacenti, ma soprattutto nelle estorsioni sia direttamente a imprenditori, sia a vittime di usura, sia a soggetti indebitati nelle case da gioco gestite dal sodalizio. I proventi delle attività illecite venivano poi investiti nell’espansione del volume di affari delittuosi, ma anche per garantire agli affiliati un livello di vita idoneo a dimostrare a tutti il potere mafioso da loro raggiunto ed esercitato.

Il gruppo criminale aveva inoltre disponibilità di armi ed è stata sequestrata, sempre nella fase delle precedenti indagini, una consistente quantità di stupefacenti, a dimostrazione della capacità operative del sodalizio.

Infine, nel corso delle precedenti attività investigative, sono state arrestate 11 persone in flagranza di reato, sequestrati oltre 50 Kg di stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) ed è stata individuata una piantagione di marijuana; sono stati filmati per diversi mesi quotidiani incontri degli associati nel dehor di un bar ritenuto la base operativa del gruppo (tanto che gli stessi affiliati lo definivano luogo di lavoro); lì e nella via prospiciente, dove si svolge il frequentato mercato rionale del quartiere San Paolo, avvenivano in pieno giorno le consegne da parte degli indagati di denaro provento delle presunte attività economiche controllate dal gruppo, ovvero da parte delle vittime di denaro loro estorto: giocatori d’azzardo, imprenditori, artigiani e negozianti, per un totale di almeno 20 unità).

L’auspicio della Procura - che a questo scopo ha autorizzato la diffusione di spezzoni di filmati realizzati durante le indagini - è che altre vittime di atti minatori trovino la forza di denunciare quanto subìto, invitandoli ad assumere l’atteggiamento che rappresenta il solo modo di arrestare e vincere il diffondersi della cultura mafiosa anche in Piemonte.

(Aggiornata alle 10:20)