‘Ndrangheta nel torinese, confiscati beni per 1,6 milioni
La guardia di finanza di Torino ha confiscato un appartamento e un locale commerciale, per un valore complessivo di 1,6 milioni di euro, a un 46enne, P.A., già condannato, con rito ordinario, per associazione di stampo mafioso, nel procedimento “Minotauro”, processo che avrebbe fatto luce sulle presunte infiltrazioni della 'ndrangheta in Piemonte.
In secondo grado, il 28 maggio scorso, la Corte di Appello del capoluogo piemontese aveva condannato l'uomo a 7 anni di carcere e all’interdizione dai pubblici uffici. Secondo i giudici il 46enne, almeno dal 2008, sarebbe stato affiliato al “locale” di San Giusto Canavese, nel Torinese.
Contemporaneamente, nei confronti dell’uomo, era stato avviato il procedimento di prevenzione previsto dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, riservato agli indiziati di appartenere alle associazioni mafiose e che dispongono di beni dal valore ritenuto sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta, oppure di beni considerati frutto di attività illecite.
Gli accertamenti patrimoniali, affidati al Gico di Torino, dimostrerebbero, secondo gli inquirenti, che il 46enne disponesse di fonti di reddito ufficiali “incompatibili con il proprio tenore di vita e con le sue possidenze immobiliari”, tali da far ritenere, dunque, che queste fossero state acquistate, nel tempo, “investendo parte delle ricchezze accumulate illecitamente” per via del suo presunto ruolo all’interno della ‘ndrangheta.
Il 19 novembre dell’anno scorso, la Corte di Cassazione, a seguito del ricorso presentato dall’interessato, aveva rinviato la questione al giudice d’appello, sentenziando la confisca dei due immobili che, ora, passeranno nella piena gestione dell’Agenzia Nazionale beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che ne curerà l’amministrazione e la destinazione per un riutilizzo sociale.