Referendum scuola, raccolte 30mila firme
Tremila firme raccolte solo a Catanzaro dai docenti Partigiani della scuola Pubblica, altre duemila sul territorio di Lamezia Terme, per un totale in tutta la provincia di oltre cinquemila firme e circa 12 mila in tutta la Calabria. Questi gli esiti provvisori della campagna per i quattro quesiti referendari contro la legge 107/2015, detta “buona scuola”, superiori di oltre il doppio rispetto alle aspettative. Hanno collaborato nella raccolta e soprattutto nella certificazione e autenticazione rispettivamente esponenti dei sindacati Gilda e Orsa e la segreteria provinciale Flc Cgil di Catanzaro.
“Nonostante le interferenze contrarie delle sigle sindacali confederali - scrivono i Partigiani della scuola - che non hanno aderito alla campagna referendaria e hanno distolto molti docenti dal firmare con indicazioni fuorvianti, il risultato lusinghiero è stato reso possibile grazie alla disinteressata sinergia di persone che, vivendo di persona l’ambiente della scuola, hanno compreso a fondo come questa legge ne mini i fondamenti democratici, metta in atto processi di privatizzazione che sono incompatibili con la conduzione imparziale di un servizio pubblico essenziale ed in contrasto con ogni teoria pedagogica che mira al successo della persona umana.
“Solo delle professionalità intellettualmente libere avrebbero potuto sacrificare ogni momento libero dal lavoro per allestire i banchetti, talvolta operativi in più zone della città di Catanzaro anche simultaneamente e su Nicastro. I Partigiani della scuola pubblica, docenti in rete operativi in diverse regioni d’Italia, dall’approvazione della riforma non hanno perso un attimo, presentando mozioni alle Regioni, ai Comuni, sette dei quali in Calabria si sono pronunciati contro la legge. Oggi, in attesa di conoscere gli esiti della raccolta firme su scala nazionale, i Partigiani della Scuola Pubblica intendono farsi collante tra tutte le forze politiche e sindacali disponibili per continuare la loro battaglia di democrazia e di civiltà sul fronte del “NO” alla riforma costituzionale avviata dal Governo Renzi, che mira a trasformare l’Italia da uno stato di diritto ad uno stato di prevaricazione e di abuso legalizzato, limitando il peso politico del voto dei cittadini, le loro possibilità di accesso alle urne e le pratiche di democrazia diretta”.