Esplosione casa a Milano, tre arresti. Manno fermato per pericolo di fuga
Sono ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di estorsione, usura e violenza privata, aggravati perché commessi con modalità mafiose e per questo motivo sono finiti in carcere.
Gli arresti sono stati eseguiti a seguito del decreto di fermo della Dia per l'esplosione davanti ad una palazzina nel Milanese e alla fine delle indagini portate avanti dal nucleo investigativo di Monza e della compagnia di Cassano D'Adda.
Per lo scoppio dell'ordigno rudimentale a Pioltello, davanti alla porta di ingresso dell'abitazione di un 46enne ecuadoriano, erano stati già arrestati, il 6 novembre scorso, Roberto Manno e il cugino di Manuel, che sarebbe vicino a una famiglia di 'ndrangheta radicata nel Comune dell'hinterland milanese.
Secondo gli investigatori e gli inquirenti ci sarebbe stato un precedente: gli autori del reato, nell'agosto 2016, avevano prestato tremila euro a un 32enne ecuadoriano residente a Pioltello, e poi avevano chiesto 400 euro al mese di interesse: con un tasso da usura, dunque. Inoltre avrebbero imposto una penale di 50 euro per ogni giorno di ritardo rispetto al termine pattuito.
La vittima sarebbe stata ripetutamente minacciata e poi caricata a bordo di un veicolo al cui interno era stata malmenata e seviziata. Gli arrestati sono stati trasferiti nel carcere di Opera.
Manno, già coinvolto nell'indagine 'Infinito', è stato fermato per il "grave pericolo di fuga" dal momento che sarebbe stato “in procinto di imbarcarsi, da solo, per Bangkok”, come scrive il pm Paolo Storari che ha emesso il decreto di fermo anche per Manuel Manno, Fabrizio Gambardella e Francesco Pentassuglia.
Il 6 novembre scorso a finire in manette, perché ritenuto responsabile dell'attentato dinamitardo, era stato dunque Roberto Manno, cugino di Manuel.
Il decreto di fermo arriva in seguito allo sviluppo delle indagini dopo l'arresto di Roberto e grazie alle dichiarazioni rese in incidente probatorio dai genitori dell'operaio ecuadoriano considerati dalla Procura i “bersagli” della bomba perché il figlio, nel frattempo tornato nel suo Paese, non sarebbe stato in grado di onorare il presunto debito.
Manuel Manno, considerato appartenente alla nota famiglia mafiosa di Pioltello, avrebbe picchiato, assieme ad altre tre persone, un suo ex compagno di scuola per costringerlo a pagare un debito usurario che aveva con lui.
Secondo gli inquirenti, nel settembre 2017, Manuel con il cugino Roberto e Fabrizio Gambardella e Francesco Pentassuglia, “avrebbero costretto ‘a salire in macchina’ il 30enne ecuadoriano, l’avrebbero schiaffeggiato, gli avrebbero spento sulla fronte una sigaretta e l’avrebbero colpito con calci alla schiena, imponendogli di pagare, cosa che sarebbe avvenuta grazie all'aiuto economico dei genitori”.
Gli indagati, inoltre, avrebbero minacciato la moglie della vittima "di sequestrarla e di metterla nel giro della prostituzione nel caso di mancato pagamento" e il marito "di picchiare la moglie e di spezzare le braccia al figlio in caso di mancato pagamento".
Sentito il 12 novembre scorso, il giovane ecuadoriano ha raccontato di avere chiesto un aiuto a Manuel perché si trovava in difficoltà economiche.
"Gli chiesi 2mila euro – aveva detto - e lui fu chiaro con me sin dall'inizio, mi chiese 400 euro di interessi al mese e, quando li avrei avuti, avrei dovuto saldare i 3mila euro tutti insieme. Manuel mi specificò che, alla scadenza del mese, se ci fossero stati ritardi avrebbe pretese oltre ai 400 euro anche una penale di 50 euro per ogni giorno di ritardo, circostanza che tra l'altro si verificò".
Alla domanda sul perché non avesse denunciato l'accaduto, l'uomo ha risposto così: "Non volevo casini con nessuno, ero a conoscenza che Manuel faceva parte di una famiglia mafiosa e avevo paura per la mia famiglia e infatti quello che mi hanno fatto come l'hanno fatto mi ha confermato che sono persone che non scherzano e che non hanno nulla da perdere ne' hanno paura di andare in galera".