Terrorismo: Inquirenti, scoperta palestra addestramento virtuale
Gli arrestati sono M'Hamed Garouan, imam della moschea di Sellia Marina (Cz), di 57 anni; il figlio Brahim Garouan, 25, entrambi residenti a Sellia Marina; e Younes Dahhaky, 28, residente a Lamezia Terme (Cz). L'operazione e' stata definita in codice "Hanein" (Nostalgia, dal nome di un sito islamista. Una quarta persona, Badreddin Chahir, di 21 anni, pure marocchino, e' stato arrestato durante le perquisizioni perché trovato in possesso di droga nel corso di un controllo a carico del padre, coinvolto nell'inchiesta
Video inneggianti alla "Jihad", la guerra santa islamica; manuali filmati per il confezionamento di armi, come le micidiali cinture esplosive usate dai kamikaze musulmani in Medio Oriente; istruzioni su come un cecchino possa colpire un soldato o come un commando possa fare esplodere un convoglio militare. Era una vera e propria "palestra di terrorismo virtuale", secondo la definizione del procuratore capo di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, quella scoperta dalla Polizia di Stato di Catanzaro, che, stamani, ha arrestato tre persone con le accuse di addestramento alle azioni violente con finalità di terrorismo; radicalizzazione e proselitismo nei confronti di appartenenti alle comunità islamiche. Reati introdotti di recente nel codice penale italiano, sull'onda dell'emergenza attentati registrata a livello internazionale. Durante l'esecuzione dei provvedimenti e nel corso delle indagini, avviate nel 2007, e' stato precisato, non sono state trovate armi ne' progetti riguardanti obiettivi da colpire sul territorio nazionale, ma, come ha spiegato il questore di Catanzaro Vincenzo Roca, "nel momento in cui si passa dalla semina dell'odio alle istruzioni specifiche per un attentato, si passa all'azione concreta. L'addestramento al terrorismo - ha spiegato il questore - e' un reato contestabile non solo a chi addestra ma anche a chi si sottopone a tale addestramento". Si tratta di contestazioni entro le quali gli inquirenti hanno dovuto muoversi con estrema cautela, in quanto, ha spiegato il procuratore aggiunto di Catanzaro Giuseppe Borrelli, "c'e' il rischio di perseguire la libera espressione del pensiero o convincimenti religiosi, principi tutelati dalla Costituzione. A nel provvedimento restrittivo - ha aggiunto - sono stati perseguiti atteggiamenti che esulano dal diritto. Vengono sanzionate attività che avrebbero potuto concretizzarsi nel proselitismo in attività terroristiche come il compimento di attentati suicidi. On line venivano diffuse istruzioni precise su come compiere queste azioni". Nella periferica Calabria, dunque, gli inquirenti hanno scoperto una cellula di terrorismo informatico. "Questo - ha detto il magistrato - ci ha meravigliato ma fino ad un certo punto, perché dove c'e' una presenza islamica e' facile imbattersi in ambienti di questo tipo". Al centro dell'inchiesta la moschea di Sellia Marina, un centro della fascia ionica catanzarese prossimo al capoluogo. E' qui che, secondo gli uomini della Digos diretti da Marinella Giordano, l'Imam M'hamed Garouan, 57 anni, marocchino, pronunciava i suoi sermoni violenti, inneggianti al martirio ed ai principi dell'Islam piu' radicale. Poi, grazie all'abilita' informatica del figlio, Brahim, di 25 anni, le predicazioni estremiste finivano su internet, accompagnate da scene di attentati compiuti in medio Oriente o di vere e proprie esecuzioni capitali. Gli inquirenti hanno intercettato, osservato, sorvegliato i luoghi frequentati dall'imam e dal suo entourage. Ben 300 sono i Cd sequestrati a Garouan ed ai suoi complici, inneggianti ad Al Quaeda ed a personaggi cardine del terrorismo musulmano, come Osama Bin Laden. Tra gli arrestati anche Younes Garouan, ventottenne marocchino residente a Lamezia Terme. Altre 9 persone, (otto residenti in Calabria, uno in provincia di Ravenna) sottoposte a perquisizione domiciliare, risultano indagate. Di una quarta persona era stato chiesto l'arresto, ma il Gip non ha concesso alla Procura il provvedimento. Fra le istruzioni divulgate, a che i sistemi informatici capaci di scatenare una "guerra santa elettronica", attraverso software capace di attaccare i sistemi telematici di un paese industrializzato. Il materiale informatico ed i video divulgati venivano scaricati da siti islamisti e poi diffusi attraverso un computer. "Nel mirino del gruppo - ha spiegato il Procuratore Lombardo - non c'erano solo gli eserciti occidentali presenti in medio oriente, ma anche esponenti dello stesso Islam per il semplice fatto di essere identificati come "moderati"". I temi della propaganda erano quelli tipici dell'estremismo musulmano, come la necessità dei martirio contro gli "infedeli" per guadagnare il Paradiso. Tutte "lezioni" teoriche ed inni alle imprese dei guerrieri mujaedin, "Ma il passo dalla teoria alla pratica - ha detto il questore Roca - e' assai breve".
"Spero che Allah mi dia la possibilità di morire da martire". A parlare così è uno dei tre marocchini arrestati. L'uomo, Younes Dahhaki, di 28 anni, parla con un altro indagato che gli dice "anche a te ti arrestano, ti perquisiscono. Ti metti quella cintura" e per farlo, annotano gli investigatori, usa il termine arabo "hizam", utilizzato generalmente per la cintura esplosiva e non il termine marocchino "samta", usato invece per la cintura dei pantaloni. Nonostante il tenore della conversazione, dall'inchiesta, avviata dalla Procura di Catanzaro nel 2007 su segnalazione del Comitato centrale antiterrorismo e degli esperti dei servizi segreti dell'Aisi, non sono emersi progetti di attentati, ma un'attività di proselitismo portata avanti, oltre che da Dahhaki, abitante a Lamezia Terme, soprattutto da M'hamed Garouan, di 57 annni, Imam della comunità islamica di Sellia Marina, un comune sulla costa ionica catanzarese, e dal figlio, Brahim, di 25 anni. Era soprattutto quest'ultimo, grazie alle sue conoscenze informatiche, a scaricare da siti web inneggianti alla jiahad totale ed al fondamentalismo islamico le istruzioni per l'uso delle armi che poi venivano diffuse anche con i sermoni dell'Imam nella moschea.
Ad illustrare i dettagli dell'operazione sono stati il procuratore della Repubblica Vincenzo Antonio Lombardo, l'aggiunto Giuseppe Borrelli, il questore Vincenzo Roca, il dirigente della Digos, Marinella Giordano, ed il responsabile della sezione investigazioni informatiche della polizia postale di Roma, Antonello Novellino.