Agguato a Gallico contro Fortugno e Logiudice: arrestato lo zio del presunto killer
Un secondo segmento di indagini - coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria - ha portato gli uomini della squadra mobile locale ad eseguire un arresto in relazione all’omicidio di Fortunata Fortugno e al ferimento di Demetrio Logiudice, entrambe vittime di un agguato avvenuto nella tarda serata del 16 marzo del 2018, all’interno del Torrente Gallico (LEGGI).
A finire tra le sbarre Mario Chindemi, 58 anni, che era stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto, nel luglio dello stesso anno, per altri gravi reati e nell’ambito dell’operazione “De Bello Gallico” (LEGGI).
Allora fu fermato non solo l’arrestato di oggi, ma anche al tre persone, Paolo Chindemi, Ettore Bilardi e Santo Pellegrino. Tutti e quattro erano indiziati, a vario titolo, di associazione mafiosa, porto e detenzione di armi da fuoco e altri delitti aggravati dalle modalità mafiose.
Solo a Paolo Chindemi si contestò l’omicidio di Fortugno e il tentato omicidio di Logiudice (LEGGI): i tecnici della Scientifica, prelevarono a tutti le impronte digitali, anche quelle palmari, per confrontarle successivamente con un’impronta ritrovata sullo sportello posteriore destro della Volkswagen Touareg di Logiudice, a bordo della quale e sul sedile posteriore si trovavano le vittime al momento dell’agguato.
La comparazione ha così permesso di accertare che quella cosiddetta “papillare”, ovvero l’impronta palmare repertata sul Touareg, corrispondesse alla mano sinistra di Mario Chindemi, zio di Paolo.
Da qui gli investigatori conclusero che anch’egli sarebbe stato presente, assieme al nipote, al momento dell’agguato del Torrente di Gallico.
L’IMPRONTA “GAELOTTA” E L’AUTO DEL KILLER
Come si ricorderà, a fare luce sul delitto fu sempre la Mobile reggina (sotto le direttive dei Sostituti Walter Ignazitto e Diego Capece Minutolo della Dda locale), attraverso una minuziosa analisi di un’imponente mole di immagini acquisite, nei giorni immediatamente successivi al duplice delitto, dagli impianti di videosorveglianza.
Centinaia di ore di filmati che furono passati letteralmente sotto la lente dagli inquirenti abbinate poi ai riscontri ottenuti con i servizi di osservazione e di controllo del territorio.
Il tutto avrebbe portato gli investigatori della Sezione Omicidi non solo a ritenere di aver ricostruito le fasi dell’incontro delle vittime, ma anche di individuare un’Audi Sportback, utilizzata da Paolo Chindemi, che si ritiene sia stata usata dal killer la sera di quel 16 marzo per compiere un sopralluogo e poi l’omicidio.
Diverse intercettazioni ambientali e veicolari, poi, hanno permesso alla Polizia di raccogliere altri e importanti elementi che, in combinazione con quelli già acquisiti con la videosorveglianza e in riferimento al mezzo utilizzato dal killer per compiere l’agguato, avrebbero portato a comporre un quadro indiziario definito “grave, preciso e concordante” a carico di Paolo Chindemi.
LA SAGOMA DIETRO IL CONDUCENTE
Gli investigatori spiegano che l’impronta che lo zio, Mario, avrebbe lasciato sullo sportello dell’auto di Logiudice Demetrio, li ha portati fin da subito a eseguire un nuovo e più approfondito esame dei numerosissimi video relativi a quella sera, e con lo scopo di accertare se vi fosse qualcuno sui sedili posteriori dell’Audi A3 di Chindemi.
Nel luglio successivo venne così isolato un fotogramma relativo alle fasi poco prima dell’agguato e dal quale si notava una sagoma sul sedile dietro il conducente.
Gli inquirenti si dicono certi che le “nuove emergenze investigative non solo si incastrarono perfettamente nel quadro indiziario” che sostenne il eseguito il 4 luglio con l’operazione De Bello Gallico, ma ma avrebbero consentito “di attribuire ancora maggiore valenza e convergenza a tutti gli elementi emersi nel corso delle indagini”.
Alcuni mesi dopo l’esecuzione dell’operazione, nel corso delle dichiarazioni rese agli inquirenti, Mario Chindemi avrebbe ammesso infatti di essere stato presente sulla scena del crimine e anzi anche di averne preso parte.
Le faticose indagini condotte anche dopo l’esecuzione del fermo del 2018, hanno portato ieri il Gip del Tribunale di Reggio Calabria a disporre, su richiesta della Dda, l’applicazione della custodia cautelare in carcere a carico di Mario Chindemi (notificatagli nel penitenziario), in relazione all’omicidio di Fortugno e al ferimento di Logiudice oltre che per la detenzione e porto in luogo pubblico di una pistola a tamburo con cui venne eseguito l’agguato.