Multiservizi, i professionisti s’incassavano la percentuale e la società falliva. Scatta il sequestro
Sigilli per oltre due milioni di euro alle finanze degli imprenditori che sono indagati per il fallimento della Multiservizi di Reggio Calabria.
I finanzieri del Comando Provinciale, con il supporto operativo dei colleghi di Roma e Milano, e coordinati dalla Procura diretta daGiovanni Bombardieri, hanno eseguito un decreto d’urgenza - emesso dall’Aggiunto Gerardo Dominijanni e del Sostituto Andrea Sodani - che dispone il sequestro finalizzato alla confisca delle somme di denaro nei confronti di professionisti coinvolti a vario titolo nell’inchiesta, e che in concorso sono ritenuti responsabili del reato di bancarotta fraudolenta.
Secondo gli inquirenti gli indagati avrebbero distratto e sperperato il patrimonio della società “Gestione Servizi Territoriale” (la “Gst Srl”) in pregiudizio dei creditori e provocandone appunto il fallimento.
È stato quindi eseguito il sequestro di disponibilità finanziarie, in quanto ritenute come un profitto illecito, per circa 5 milioni di euro, nei confronti delle imprese “Brick”, “Ingg. Demetrio, Pietro e Domenico Cozzupoli s.r.l.”, “Rec.Im. s.r.l.”, nonché degli amministratori Michelangelo Tibaldi e Pietro Cozzupoli, scaturite dalle indagini svolte nell’ambito dell’operazione “Mala Gestio” (QUI) e che avrebbero portato ad accertare come le vicende fallimentari che hanno colpito la Multiservizi e la Gst - dichiarate fallite tra il 2014 e il 2015 - sarebbero da ricondursi ad “un ingegnoso meccanismo fraudolento messo a punto da coloro i quali avevano ricoperto contemporaneamente cariche sociali nelle due imprese fallite e in altre ditte a favore delle quali venivano svolte le distrazioni di risorse economiche mediante il riconoscimento di compensi ancorati agli utili anziché alle prestazioni rese”.
“L’INGEGNOSO MECCANISMO”
Un sistema che avrebbe reso possibile l’accaparramento di svariati milioni di euro che, liquidati dal Comune di Reggio Calabria (unico finanziatore della Multiservizi di cui deteneva la quota del 51% del capitale sociale), prima sono stati introitati nelle casse della Gst e poi da queste, si sospetta confluiti nelle tasche degli indagati, alcuni dei quali ritenuti contigui a cosche di ‘ndrangheta operanti nel centro cittadino come i Condello, Libri, Tegano e De Stefano.
La Procura ha dato mandato al Gico del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza reggina di effettuare delle indagini anche a carattere economico-patrimoniale.
Le fiamme gialle, al termine delle attività, hanno così individuato delle presunte “condotte distrattive” in capo ad un’impresa di costruzioni edili (la Ac Srl) - in persona dell’amministratore C.F. - ed a sei professionisti che avrebbero ricevuto in maniera non dovuta e privilegiata delle somme di denaro provenienti dalla fallita Gst.
“LA DONAZIONE DI DENARO”
Le somme dei profitti illeciti ottenute, che variano da 28 mila euro a circa un milione, e riguardano diverse operazioni definite “dissipative del patrimonio della G.S.T. S.r.l.” assimilabili a “…una vera e propria donazione di denaro…”, tutte concluse a condizioni svantaggiose.
Secondo gli inquirenti, insomma, la società avrebbe pagato somme predeterminate e calcolate in base ad una percentuale dei ricavi della Gst, prescindendo dal valore delle prestazioni fornite dai professionisti.
Al riguardo, è stata contestata alla Annadue Costruzioni Srl, in persona del suo legale rappresentante, Filippo Catalano, di 81 anni, una “condotta distrattiva” avvenuta nel 2010 quando “… G.S.T. s.r.l., in persona di Michelangelo Tibaldi, - sostengono gli investigatori - stipulava un contratto preliminare di acquisto mediante il quale (la fallita) si impegnava ad acquistare, entro il 31.12.2010 dalla società A.C. s.r.l., l'immobile sito a Reggio Calabria … per un valore di 3.400.000 € (IVA esclusa)”.
Questo preliminare di vendita, sempre secondo gli inquirenti, “non veniva mai trascritto nei registri immobiliari e l'immobile oggetto della promessa di acquisto era costituito da una palazzina di quattro piani fuori terra e di un seminterrato. All'atto del preliminare G.S.T. s.r.l. versava un acconto di € 240.000, dei quali 40.000 € a titolo di IVA, senza che poi a detto preliminare facesse seguito la conclusione del contratto definitivo e senza che gli amministratori della GST si attivassero per richiedere la restituzione dell'anticipo”.
GLI INCARICHI E LE PERCENTUALI SUI RICAVI
Nei confronti dei professionisti sono state contestate operazioni di natura distrattiva per circa 1,8 milioni di euro, di cui gli stessi si sarebbero avvantaggiati “in modo consapevole” – e a vario titolo – attraverso l’affidamento di incarichi amministrativi, giuridici, finanziari e societari, con un corrispettivo mensile predeterminato a monte, come percentuale (tra l’1 e l’8%) dei ricavi annui di Gst e a prescindere dal servizio effettivamente prestato.
Le investigazioni avrebbero permesso di accertare che “non veniva eseguita alcuna attività di controllo finalizzata alla verifica della effettività delle prestazioni rese, tanto che la GST srl effettuava il pagamento delle fatture nello stesso giorno della loro emissione e/o, addirittura, con un giorno di anticipo”, scrivono gli stessi investigatori.
Emblematico, al riguardo, sarebbe un contratto stipulato in relazione all’“elevato profilo e alla specifica esperienza professionale” di un avvocato, che, a quella data, non era iscritto all’albo.
Contratto che, come scritto nelle carte dell’indagine, parlava di compensi relativi a consulenze delle quali “non appare chiaro il reale oggetto, spesso relative ad attività del tutto inutili o già svolte da personale della G.S.T. o dalla Multiservizi” e per le quali non sarebbe stato esplicitato quali fossero i termini e le modalità di adempimento delle prestazioni d'opera.
I COMPENSI “CONTESTATI”
Lo stesso giorno della risoluzione della convenzione con la Multiservizi Spa, ed a distanza di pochi giorni dall’emissione dell’interdittiva antimafia, in un momento in cui era chiaro che la Gst si sarebbe sciolta e non avrebbe più avuto la possibilità di riscuotere altre somme dal suo unico cliente (la Multiservizi), il relativo Consiglio di Amministrazione, su proposta di Michelangelo Tibaldi, votava di provvedere al pagamento di somme di denaro in favore di alcuni dei citati professionisti.
Nel dettaglio, questi i compensi riconosciuti a quest’ultimi: al commercialista Domenico Pensabene, 978.521 euro; all’architetto Corrado Trombetta, 475.056 euro; all’avvocato Alessandro Pellegrino 133.643 euro; all’avvocato Francesco Giuffrè 28.000 euro; all’avvocato Lidia Barbaro 52.000 euro; al ragioniere Antonio Francesco Rogolino 104.196 euro.
La Procura ha quindi emesso nei confronti dei sei il provvedimento di sequestro sulle disponibilità finanziarie a loro riconducibili per una somma, come dicevamo, pari a circa 2 milioni ma tuttavia, precisano gli stessi investigatori, i beni sottoposti raggiungono un valore complessivo di oltre 7 milioni.