Omicidio Marincolo, presunti assassini condannati all’ergastolo

Cosenza Cronaca
Giovanni Abruzzese, Carlo Lamanna, Mario Attanasio e Umile Miceli

Ergastolo per Mario Attanasio, Umile Miceli, Giovanni Abbruzzese e Carlo Lamanna, tutti accusati dell’omicidio di Francesco Marincolo, meglio noto come Francu u biondo”, ritenuto vicino alle famiglie storiche della criminalità cosentina, ed ammazzato a colpi d’arma da fuoco in via Lanzino del capoluogo bruzio nel lontano luglio del 2004 mentre era in auto con l’amico Adriano Moretti.

Questa la decisione del Gup di Catanzaro Alfredo Ferraro - nell’ambito del processo celebratosi con il rito abbreviato – che ha accolto le richieste avanzate dal Pm Vito Valerio e durante il quale è stato anche condannato a dieci anni i collaboratori di giustizia Daniele Lamanna (fratello di Carlo Lamanna) ed Adolfo Foggetti.

Attanasio era accusato di aver dato appoggio logistico l’esecuzione dell’agguato; Miceli – secondo l’accusa - avrebbe invece funto da “palo” mentre Abbruzzese, ritenuto elemento di spicco del clan degli “zingari”, avrebbe deciso la morte di Marincolo e Lamanna ne sarebbe stato infine l’esecutore materiale insieme a Michele Bruni, che è deceduto nel 2011.

Quanto alla posizione di Foggetti è stata richiesta, ma non accolta dal giudice, l’acquisizione dei recenti video pubblicati su Facebook che dimostrerebbero come il collaboratore sia potenzialmente in grado di inquinare le prove.

Nel verdetto è contemplato anche il tentato omicidio ai danni di Moretti. Il collegio difensivo ha già annunciato l’intenzione di ricorrere in Appello, non appena saranno depositate le motivazioni della sentenza.

I quattro condannati furono arrestati, a distanza di 14 anni da quell’omicidio, nel luglio del 2018 (QUI). L’ipotesi degli inquirenti fu che con quell’assassinio i gruppi criminali cosentini avessero raggiunto una pax mafiosa che prevedeva un patto di non belligeranza e l’equa spartizione tra di loro dei proventi delle varie attività delittuose.

Le ricostruzioni investigative vennero confermate anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, portando a ritenere che a sparare i colpi mortali contro Marincolo, fosse stato Michele Bruni, dopo aver affiancato la vettura della vittima con una moto guidata da Lamanna e risultata poi rubata alcuni giorni prima sul lungomare di Paola.

Il movente sarebbe stato dunque ritracciabile oltre che nella volontà di affermare la supremazia criminale della cosca di appartenenza, nella vendetta di Bruni contro i clan avversi (con Marincolo che era l’unico elemento di spicco non detenuto) considerati i responsabili, tra gli altri, dell’omicidio del padre, Francesco, avvenuto nel luglio 1999, e di Antonio Sena, del maggio del 2000.