Intimidazione a Vescovo, Cec: tentativo di stabilizzare tutte le Chiese di Calabria
Non va inteso come un attacco personale ma quanto anche come un tentativo di minare e destabilizzare l’opera di apostolato e testimonianza di una diocesi intera e di tutte la Chiese di Calabria.
Lo affermano con determinazione i presuli della Conferenza Episcopale Calabra, riferendosi alla grave denuncia del vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Attilio Nostro, a cui è stato recapitato per posta un bossolo di pistola (QUI), da collegare a quanto subito da due parroci della sua diocesi, don Felice Palamara (QUI) e don Francesco Pontoriero, anche loro fatti oggetto di chiari atti intimidatori.
La Cec ha espresso ovviamente piena solidarietà a mons. Nostro, offrendogli il proprio “incondizionato sostegno fraterno”, ma non senza sottolineare con fermezza che questo episodio, “per quanto allarmante, non fermerà l'impegno della Chiesa nel perseguire la sua missione di annuncio, profezia e speranza in terra di Calabria”.
“Al contrario – hanno ribadito i vescovi - ci rende ancora più determinati nel condannare ogni forma di violenza e intimidazione, confermando il nostro impegno a favore delle comunità che serviamo”.
La ferma condanna della Conferenza episcopale a questi fatti, poi, non vuole essere soltanto una risposta a un episodio di violenza, ma anche un richiamo alla responsabilità “di tutte le persone di buona volontà”, affinché si promuovano il dialogo e la comprensione reciproca, in opposizione a ogni forma di conflitto.
La Chiesa calabrese, professandosi fedele al suo mandato evangelico, sostiene quindi che continuerà a lavorare “per essere strumento di pace, giustizia e riconciliazione, impegnandosi ad essere vicina a tutti coloro che soffrono a causa dell'ingiustizia e della violenza”.
Dalla Cec, infine, giunge un invito a tutti a unirsi nella preghiera per Monsignor Attilio Nostro, affinché possa continuare il suo servizio con coraggio e determinazione: “Allo stesso tempo, chiediamo al Signore di illuminare la mente e il cuore di coloro che hanno compiuto questo grave gesto, affinché possano riconoscere la gravità delle loro azioni e intraprendere la via della conversione”, concludono i vescovi calabresi.