Voti “rubati” per favorire gli “amici”, indagati sindaco e politici bipartisan

Reggio Calabria Cronaca

Sotto la lente degli inquirenti la cosca Araniti, clan egemone nel quartiere Sambatello di Reggio Calabria, di cui se ne sarebbero ricostruiti gli assetti, le attività estorsive ai danni di appalti pubblici, ma anche l’ingerenza nella conduzione della discarica che prende il nome dallo stesso territorio, “Sambatello” appunto, imponendo alle ditte di volta in volta impegnate nella gestione dell’impianto, il personale da assumere e le relazioni con le omologhe consorterie criminali attive nelle aree confinanti di Diminniti e Calanna.

Non per ultimo il clan avrebbe esercitato un così stringente controllo della zona da limitare finanche l’attività venatoria nell’area agreste della frazione.

È quanto emergerebbe dall’inchiesta Ducale, che stamani ha portato all’arresto di undici persone (sette finite in carcere e quattro ai domiciliari) oltre che a sottoporne altre tre ad un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (QUI) contestando, a vario titolo, l’associazione mafiosa, l’estorsione, la corruzione, la falsità materiale e ideologica commessa da un pubblico ufficiale e anche reati elettorali.

Le investigazioni, avviate dai carabinieri circa cinque anni fa, ovvero nel 2019, avrebbero infatti permesso di acquisire elementi che dimostrerebbero il condizionamento delle elezioni, in alcuni seggi, per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria (nel 2020 e nel 2021) e del Consiglio Comunale di Reggio Calabria (nel 2020).

L’ipotesi degli inquirenti è che uno degli indagati - oggi accusato di falsità elettorale e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio non aggravati dal metodo mafioso - parente di un esponente di vertice degli Araniti, per sostenere i candidati di interesse avrebbe alterato le operazioni di voto con la complicità di scrutatori compiacenti.

In pratica, si sarebbe procurato le schede elettorali di cittadini impossibilitati ad andare ai seggi ed esprimendo al loro posto la preferenza in favore dei candidati sostenuti. L’indagato, dopo i positivi esiti delle votazioni, avrebbe ottenuto dai politici eletti delle nomine in enti pubblici o come professionista esterno.

La Procura di Reggio, proprio in riferimento ai presunti casi di condizionamento delle competizioni elettorali, ha chiesto una misura cautelare per il reato di scambio elettorale politico-mafioso oltre che per i soggetti ritenuti legati ai clan mafiosi cittadini, anche per un Consigliere regionale, Giuseppe Neri di Fratelli d’Italia (52 anni) e di un Consigliere comunale del capoluogo dello Stretto, Giuseppe Francesco Sera, del Pd (59). Il Gip ha però rigettato la richiesta ed avverso questo provvedimento la stessa Procura fa sapere che proporrà appello.

Nel procedimento penale risulta indagato, sempre per scambio elettorale politico-mafioso, anche il Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà (Pd), nei confronti del quale, tuttavia, non è stata avanzata richiesta cautelare non avendo ritenuto compiutamente integrati per lo lui tutti i presupposti legittimanti.

GLI ARRESTATI

In carcere sono così finiti: Domenico Araniti detto il Duca (Classe 52), Francesco Araniti detto u Parenti (cl. 59), Giuseppe Barillà (cl. 60), Nicola Dascola (cl. 67), Antonino Princi detto lo Sceriffo (cl. 71), Antonio Repaci detto Mimmo (cl. 59); e Carmelo Trapani detto il Tacchino (cl. 73).

Ai domiciliari invece sono stati sottoposti Pietro Araniti detto Full (cl. 59), Daniel Barillà (cl. 85), Antonino Modafferi detto l’Architetto (cl. 593), e Mardina Giustra (cl. 94).