Corbelli risponde alle accuse del giornale nigeriano sul caso Kate
Franco Corbelli, leader del Movimento "Diritti Civili", promotore della campagna umanitaria per salvare Kate Omoregbe, risponde all'editoriale apparso oggi su un giornale della Nigeria che accusa la ragazza nigeriana di non aver detto la verità e il Governo e il parlamento italiano di averle creduto . “Dopo il portavoce del presidente della Nigeria - dichiara all'Agi Corbelli - adesso anche qualche giornale nigeriano scopre finalmente con due mesi di ritardo il caso di Kate. Dopo le falsità del portavoce della Nigeria, che addirittura è arrivato a dire che era una montatura anche quella di Amina, la donna nigeriana condannata alla lapidazione per adulterio, per la quale si è mobilitato il mondo intero, adesso - continua Corbelli- è il turno di un altro sconosciuto signore, un cosiddetto intellettuale che definisce la storia di Kate inverosimile e accusa il Governo italiano e gli italiani di averle creduto. È vergognoso e scandaloso che per difendere l'immagine (indifendibile) della Nigeria si tenti di screditare questa ragazza e di sporcare una straordinaria pagina di solidarietà promossa da Diritti Civili e sostenuta, con una petizione internazionale, da 12.556 cittadini di tutto il mondo (hanno aderito 60 Nazioni di tutti i cinque Continenti). Come può questo intellettuale - continua Corbelli - dire un cumulo di falsità, denigrare Kate, senza minimamente (lui che insegna e vive negli Usa) conoscere quella ragazza, la sua famiglia, la sua storia? Anche a lui come al portavoce del Presidente - prosegue Corbelli - bisogna ricordare che Kate non ha mai detto di essere stata condannata allo sfregio del viso e alla morte per una sentenza di un Tribunale, ma per regole non scritte, punizioni orrende previste per chi si ribella ad un matrimonio combinato e si rifiuta (da cattolica) di convertirsi alla religione islamica. Questo intellettuale ha detto delle falsità. Kate è nata a Benin City (nel sud della Nigeria) ma proprio per il matrimonio la sua famiglia si trasferisce a Sokoto (nel Nord del Paese, dove risiede l'uomo musulmano che l'ha violentata e che avrebbe dovuto sposare). A Sokoto ricordo che esistono queste regole disumane di punizione. Kate - sottolinea Corbelli - viene definita, anche da questo intellettuale, una criminale e una spacciatrice. È falso. È stata condannata (ingiustamente, lo dimostreremo con la revisione del processo) non per spaccio per detenzione di una piccola quantità di droga, trovata nell'appartamento che la ragazza divideva a Roma con altre tre sue connazionali. Un reato (per il quale ha scontato tre anni e mezzo di carcere: i primi 10 mesi a Rebibbia e due anni e sei mesi a Castrovillari) che la giovane ha sempre con forza negato, giurando di non aver mai fatto uso ne' di droga, ne' di alcol, ne' di aver mai fumato una sigaretta".
"Ricordo - dice il leader di Diritti Civili" - a questi denigratori di turno che Kate era in Italia, prima dell'arresto, da 8 anni, aveva sempre lavorato, onestamente, come badante, ottenendo un regolare permesso di soggiorno. Per la sua buona condotta è uscita, lunedì 5 settembre, dal carcere di Castrovillari con 90 giorni di anticipo. Prima di avere ottenuto l'asilo, sotto forma di protezione umanitaria, è stata interrogata al Cie di Roma dall'apposita Commissione, per due giorni di seguito, per oltre 16 ore. Sono stati fatti tutti i riscontri. Solo dopo - puntualizza Corbelli - è stata concessa la protezione umanitaria. Come si può liberamente e impunemente insultare questa ragazza, senza conoscerla? Che ne sanno questi denigratori di turno della tragedia, di quello che sta soffrendo da quindici anni Kate? Come possono persone che non lo conoscono, che non sanno nulla della sua storia fare certe affermazioni? Che ne sanno della violenza che ha subito da quell'uomo che volevano farle sposare? Che ne sanno di tutto quello che ha dovuto sopportare e subire per quattro anni per il suo rifiuto di sposare questa persona e per aver difeso la sua fede cristiana e non essersi convertita alla religione islamica? Lo sanno che per questo, per aver difeso la sua libertà e la sua fede cristiana, è stata ripudiata dalla sua famiglia? Perché altrimenti - domanda - avrebbe dovuto fuggire, 11 anni fa, dal suo Paese, subito dopo aver conseguito il diploma e rinunciando al suo sogno che era quello di continuare gli studi, andare all'Università e laurearsi? Lo sanno che in tre anni e mezzo di ingiusta detenzione in Italia non ha mai ricevuto in carcere ne' la visita, ne' una lettera, ne' una telefonata della sua famiglia. Nessuno, ne' i suoi genitori, ne' i suoi sei fratelli, ne' la sorella piu' piccola l'ha mai cercata. Non basta questo per dimostrare che e' stata ripudiata e condannata dalla sua famiglia? L'unica persona che ha incontrato in carcere, in questi tre anni e mezzo, è stato il sottoscritto - dice Corbelli - , al quale ha scritto, nel mese di luglio, dal carcere in un momento di disperazione, chiedendo di essere aiutata e salvata. Se non aveva nulla da temere ritornando in Nigeria perché avrebbe dovuto accusare la sua famiglia e l'uomo che l'ha violentata, pochi giorni prima di uscire dal carcere, dopo aver ultimato di scontare la sua condanna?". Corbelli rende noto di avere parlato con la Questura di Roma e con suor Rosalia e suor Anna Silvia della Casa di Accoglienza Sant'Anna di Lodi, "per preparare il trasferimento di Kate nell'istituto religioso lodigiano che dovrebbe avvenire, espletate le ultime formalità burocratiche, entro pochi giorni".